Aspirante jihadista condannata
Condannata la svizzera che voleva raggiungere la Siria con suo figlio per unirsi all’Isis Alla 31enne radicalizzata è stata prolungata la confisca dei documenti d’identità. Dovrà inoltre presentarsi ogni settimana alla polizia.
La donna svizzera è stata condannata a 6 mesi di carcere da scontare e a 12 sospesi con la condizionale. La 31enne intendeva raggiungere la Siria con suo figlio per unirsi all’Isis.
Diciotto mesi di carcere parzialmente sospesi: sono stati inflitti ieri dal Tribunale penale federale (Tpf) di Bellinzona alla 31enne svizzera accusata di “viaggi con finalità jihadiste” verso la Siria. La donna è stata riconosciuta colpevole di essere simpatizzante dei gruppi Al-Qaida e Stato islamico (Isis), in violazione alla legge federale che li vieta. L’accusa puntava a due anni di carcere, la difesa aveva chiesto l’assoluzione. Sei mesi da scontare e 12 sospesi con la condizionale per un periodo di prova di 3 anni. Questa è la sentenza emessa ieri dal giudice unico del Tpf. Durante questo periodo la donna sarà in libertà vigilata e dovrà sottoporsi a un trattamento psicologico. Il magistrato ha anche prolungato fino al prossimo 14 marzo la confisca di passaporto, carta di identità e patente. La 31enne dovrà inoltre continuare a presentarsi ogni settimana alla Polizia cantonale zurighese (misure che erano già in atto da quando era stata rilasciata, il giorno seguente al suo arresto). La donna, presentatasi in aula con lo hijab (velo che lascia scoperto il volto), si è convertita all’islam nel 2009 e un anno dopo si è trasferita da Winterthur al Cairo assieme al marito egiziano con cui ha avuto un figlio. Col tempo la relazione si è però raffreddata e parallelamente è iniziata la sua radicalizzazione, soprattutto attraverso internet. Nel dicembre 2015 ha poi venduto tutti i suoi averi per finanziare il viaggio per sé e per il bambino di quattro anni fino in Siria: la trasferta dall’Egitto a Creta le sarebbe costata 12mila franchi. Dall’isola greca ha poi raggiunto Atene e da lì, passando dalla Turchia, sarebbe dovuta giungere in Siria dove progettava di unirsi alle file dell’Isis a Raqqa. Il 2 gennaio 2016 è però stata arrestata dalle autorità greche. La donna ha poi tentato altre due volte di raggiungere la Siria. L’imputata è quindi stata arrestata l’11 gennaio 2016 al suo arrivo in Svizzera. Secondo il Ministero pubblico della Confederazione, la donna è diventata una minaccia. In primo luogo perché ha messo in pericolo la vita del figlio, obbligandolo a compiere un pericoloso viaggio sulla rotta del Mediterraneo. Inoltre perché ha promosso la propaganda dell’Isis: a suo avviso la Svizzera – nella quale non vede futuro per sé – è in lotta contro l’Isis ed è quindi giusto che sia colpita da un attentato. Per questo motivo la procura aveva chiesto una pena di 24 mesi. La difesa aveva invece inutilmente chiesto l’assoluzione. Secondo il legale della donna, essa non può essere punita solo per convinzioni diverse rispetto alla maggioranza degli svizzeri e per aver voluto vivere da musulmana devota in un sistema che segue l’islamismo.