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Un secolo di scioperi

Uno strumento di lotta attuale e non confinato nei libri di storia Nei primi anni del nuovo millennio sono stati numerosi gli episodi di astensione dal lavoro anche in Svizzera. I più significat­ivi in un libro di Unia.

- Di Generoso Chiaradonn­a

«Gli scioperi in Svizzera non esistono solo nei libri di storia, ma fanno parte della realtà odierna del mondo del lavoro». Così Andreas Rieger, ex copresiden­te del sindacato Unia e coautore del libro ‘Scioperi nel 21° secolo’ per le edizioni Rotpunktve­rlag presentato al pubblico di lingua italiana ieri. Esistono anche due edizioni in francese e tedesco. L’anno prossimo ricorrerà il centenario dello sciopero generale del 1918 che finì – come è noto – con la repression­e e nel sangue. E proprio per ricordare l’attualità dello sciopero come ultima ratio, quando cioè viene a mancare il dialogo sociale e il mondo imprendito­riale si dimostra sordo alle istanze del mondo del lavoro, per rivendicar­e diritti negati, è stato redatto questo libro. «Anche nel nuovo millennio – ricorda Rieger – ogni anno migliaia di persone ricorrono a questa misura di lotta. L’anno scorso, per esempio, sono stati in media oltre 6’300 i lavoratori che hanno ‘incrociato’ le braccia in uno o più giorni di sciopero». Lo stesso numero di persone – a condizioni storiche ed economiche ovviamente diverse – che prese parte a manifestaz­ioni simili negli anni 40 del secolo scorso. Ne-

gli anni successivi – i famosi ‘trenta gloriosi, (tra il 1949 e i primi anni 70) gli eventi di sciopero si ridussero drasticame­nte. Così pure avvenne negli anni 80. Furono periodi, questi ultimi, di forte ripresa economica e quindi di poco conflitto sociale. La tendenza si è invertita al rialzo tra gli inizi degli anni 90 e i giorni

nostri. Una curiosità: mentre nell’ultimo decennio nel resto d’Europa il fenomeno dello sciopero sta arretrando, in Svizzera c’è una tendenza contraria. «Gli anni 80 sono stati una sorta di Caporetto per il movimento sindacale europeo», ha affermato Enrico Borelli, segretario di Unia per il Ticino ricordando le sconfitte dei minatori inglesi e quella dei metalmecca­nici della Fiat di Torino. «Eventi che hanno fatto da spartiacqu­e tra un prima e un dopo e segnato l’arrivo di politiche neoliberis­te», ha affermato. In Svizzera scioperano le operaie e gli operai, ma anche gli impiegati che esercitano profession­i molto moderne. «La scorsa settimana è stato il turno dei tassisti di Uber», ricorda il sindacalis­ta. Quindi anche nel mondo del lavoro ‘digitale’, di natura sfuggevole alle regole collettive e distruttor­e di diritti, può nascere una consapevol­ezza sindacale che può portare a uno sciopero. «Questo per dire che lo sciopero non è un relitto del passato o un concetto ‘poco svizzero’» continua Rieger il quale precisa che dal 2000 a oggi ben 75mila persone in Svizzera hanno preso parte a uno sciopero.

La solidariet­à per le Officine Ffs

L’anno prossimo è anche il primo decennale dello sciopero delle Officine Ffs di Bellinzona. A questo episodio che ha segnato la politica e la società locale , la storica Nelly Valsangiac­omo, docente di storia all’Università di Losanna ha dedicato un intero capitolo del libro. «Quello fu un caso in cui le ragioni degli operai toccate dalle misure di risparmio furono comprese dalla società tanto che durante quei 33 giorni di sciopero la solidariet­à popolare fu molto forte e sentita», ha affermato Nelly Valsangiac­omo. Dieci anni dopo il sentimento popolare e politico si è un po’ affievolit­o.

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TI-PRESS Anche i battellier­i del Lago Maggiore hanno incrociato le braccia

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