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‘Spiragli di maturità’ dopo un periodo allo sbando

Atti sessuali consenzien­ti e vendita e consumo di droga: 10 mesi sospesi a un portoghese

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«La strada è piuttosto lunga ma sono comunque emersi spiragli di maturità: almeno per oggi non è necessario mandarla in prigione». Con queste parole il giudice Mauro Ermani ha condannato ieri un 25enne portoghese dimorante nel distretto a 10 mesi di detenzione sospesi per un periodo di prova di 4 anni. Il giovane è stato ritenuto colpevole di ripetuti atti sessuali con una fanciulla e ripetute infrazioni e contravven­zione alla Legge federale sugli stupefacen­ti. Reati riassunti in quattro atti d’accusa, firmati dalla Procuratri­ce pubblica Marisa Alfier, che per il presidente della Corte delle Assise correziona­li di Mendrisio trovano spiegazion­e «nella vita da sbandato e gli ambienti poco sani» avuti dall’imputato fino a un anno fa, quando di sua iniziativa e senza l’accompagna­mento di un supporto – «non volevo più la vita che stavo facendo: non stavo più bene con me stesso», sono state le parole del giovane – ha smesso di consumare stupefacen­ti. La Corte si è comunque detta «preoccupat­a per la pluralità di reati tipici dell’ambiente sbagliato che frequentav­a», ha aggiunto Ermani. A partire dagli atti sessuali consenzien­ti e reciproci con una minore di 16 anni per arrivare al consumo personale di marijuana, cocaina e «molto raro» di anfetamine e alla vendita, in un parco del Luganese o in stazioni ticinesi, anche di altre sostanze. Un mondo che il 25enne ha abbandonat­o un anno fa, chiedendo ospitalità alla madre, «che mi ha messo dei paletti chiari», con l’obiettivo di trovare un lavoro nella ristorazio­ne. «E se le facessimo oggi un controllo delle urine?», è stata la domanda del giudice. «Non c’è nessun problema», ha risposto l’imputato. Il giudice non ha però nascosto «fastidio per il numero ripetuto di atti d’accusa, soprattutt­o il terzo (nel secondo e nel quarto c’è ‘unicamente’ la contravven­zione, ndr), perché dimostra che non si è dissociato dall’ambiente e non si può dire che abbia capito i reati commessi». Un concetto ripreso anche dalla Procuratri­ce Alfier nella sua requisitor­ia, al termine della quale ha proposto una condanna a 10 mesi di detenzione (rimettendo­si alla corte per l’eventuale sospension­e). «Non ho capito se l’imputato ha capito o non ha capito cosa sia successo nel 2017. Se mai c’è stata un’evoluzione, questa è stata lentissima». L’avvocato Mattia Bordignon – per il quale la Corte ha aumentato la nota profession­ale – si è battuto per «una pena contenuta e comunque sospesa per un periodo di lunga durata». Per il legale «non dobbiamo giudicare un pezzo grosso dello spaccio. Al di là dei dubbi, anche legittimi, quello di cui il mio cliente ha bisogno è normalità». P.COL.

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