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Il ritorno dell’inflazione

- Di CorrierEco­nomia

L’evento più sorprenden­te delle ultime settimane è il ritorno dell’inflazione. A mitigare la portata della notizia, va detto che l’inflazione ha fatto capolino più nelle analisi e nelle stime degli economisti che nei fatti. Benché la tesi sia ora sostenuta da serissime società d’investimen­to, e sia da lunghi anni negli auspici delle maggiori banche centrali, ha bisogno, per tradursi in realtà, di conferme che tardano a venire. Il ritorno dell’inflazione sarebbe davvero il fattore più importante per l’economia, ma anche il più dirompente per i mercati, al punto che Deutsche Bank lo pone in testa alla lista dei 30 maggiori rischi del prossimo anno. I motivi sono evidenti: una maggiore inflazione farebbe accelerare il processo di normalizza­zione monetaria delle banche centrali e salire i rendimenti obbligazio­nari, con il risultato di far esplodere la presunta bolla del settore e appesantir­e anche gli esuberanti mercati azionari. Il ritorno dell’inflazione è visto (meglio sarebbe dire intravisto) nel forte aumento dei prezzi al consumo in Gran Bretagna e parzialmen­te in Germania, nel rialzo dell’indice dei prezzi alla produzione e al consumo negli Stati Uniti; lo si scorgerebb­e nella (impercetti­bile) crescita dei salari americani che “dovrà necessaria­mente materializ­zarsi a breve”, secondo l’analisi di State Street: dove l’avverbio tradisce un’ostinata fede nella curva di Philips, che in passato aveva mostrato una correlazio­ne tra calo della disoccupaz­ione e aumento degli stipendi. Ma per Pictet i segnali di un lento recupero dell’inflazione si scorgono da mesi, timidi in area euro e in Giappone (dove il governator­e Kuroda ha persino spinto i sindacati a chiedere aumenti salariali), e più evidenti negli Stati Uniti: cosicché l’inflazione dovrebbe risalire a «livelli normali già nel 2018”. Su questa linea si muovono anche gli economisti di Goldman Sachs e JP Morgan (che prevedono 4 rialzi dei tassi Fed il prossimo anno), quelli di Neuberger Berman e operatori italiani come Giuseppe Sersale di Anthilia. I numeri sui nuovi occupati negli Usa, 10 giorni fa, avevano in parte rassicurat­o costoro, (…) Segue a pagina 22

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