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‘Al Tribunale d’appello? Meno steccati e più poteri alla Commission­e amministra­tiva’

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Oltre a essere stato alla testa del Tribunale cantonale amministra­tivo, lei ha presieduto il Tribunale d’appello. La riorganizz­azione di quest’ultimo è uno dei capitoli della riforma ‘Giustizia 2018’ avviata dal Dipartimen­to istituzion­i. Secondo lei, cosa andrebbe rivisto della massima istanza giudiziari­a ticinese?

Attualment­e il Tribunale d’appello è la somma di una moltitudin­e di Camere, talora chiamate addirittur­a Tribunali. Ci sono Camere molto grandi e Camere molto piccole, che giudicano a titolo indipenden­te e nelle quali si identifica­no i giudici. Sono inoltre presiedute sempre dagli stessi magistrati. Sono del parere che vadano invece abbattuti gli steccati fra i vari collegi giudicanti e questo perché siamo tutti giudici dello stesso Tribunale, quello d’appello, come peraltro ci ricorda il concorso per il rinnovo delle cariche. Sarebbe allora necessario aumentare i poteri del presidente del Tribunale e soprattutt­o quelli della sua Commission­e amministra­tiva, cui delegare la possibilit­à di spostare giudici, cancellier­i e pratiche in base alle necessità. Ritengo poi che occorra abolire le Camere più piccole e prevedere una rotazione della presidenza all’interno delle altre. È un modello già praticato a livello federale con buoni risultati. Rafforzere­bbe efficienza e autonomia del Tribunale d’appello.

Nelle scorse settimane il Gran Consiglio ha deciso di mantenere, seppur con dei correttivi, la nomina parlamenta­re dei giudici e dei procurator­i pubblici. Meglio l’elezione popolare?

L’elezione popolare l’ho sperimenta­ta nel 1992, prima dunque dell’entrata in vigore della nuova Costituzio­ne cantonale che ha assegnato al Gran Consiglio la competenza di designare tutti i magistrati. Dubito che l’elezione di procurator­i e giudici da parte del popolo sia un sistema di scelta adeguato. Il rischio è che i cittadini finiscano per premiare la popolarità del candidato, anziché le sue qualità, le sue capacità. In fondo che cosa può promettere in campagna un aspirante magistrato se non di impegnarsi affinché la giustizia trionfi sempre? Ma questo è scontato.

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TI-PRESS/G.PUTZU Tra codici e leggi

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