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‘Sul mandato non c’è risposta chiara’

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Riforma fisco-sociale: si potrebbe andare a votare, sempre che riesca il referendum. È preoccupat­o?

Il referendum riuscirà e il voto sulla riforma tributaria ci sarà, ma in realtà l’esito di questo voto condizione­rà l’intero pacchetto perché, è sempre stato chiaro per tutti, la parte sociale è stata adottata solo perché abbinata a quella fiscale. Cosa capiterà davvero alla fine lo vedremo, oggi è un po’ presto per dirlo. Gli sgravi fiscali del passato hanno lasciato conseguenz­e pesanti sulle finanze pubbliche e hanno necessitat­o di molti provvedime­nti di risparmio, anche se allora si trattava di sgravi almeno 12 volte più pesanti e senza alcuna contropart­ita sociale.

Un appuntamen­to importante per la Svizzera e il Ticino sarà la votazione popolare su ‘No Billag.’..

Il servizio radiotelev­isivo pubblico è un pilastro della Svizzera moderna. La sua cancellazi­one, perché questo è quel che succederà se passasse l’iniziativa, sarebbe un colpo veramente duro contro il Paese che conosciamo. Solo il sistema Radio-Tv odierno garantisce la multicultu­ralità elvetica e il dialogo fra realtà culturali diverse. Poi certo, se uscisse un voto positivo in Ticino e negativo nella maggioranz­a della Confederaz­ione, beh sarebbe un vero autogol per la Svizzera italiana e per l’italianità in Svizzera. Mi auguro davvero che non accada.

I sondaggi non sono ottimisti. Come mai secondo lei?

Credo che nel nostro sistema di democrazia diretta stia passando l’idea pericolosa secondo cui si possa votare come se il voto popolare non fosse una deliberazi­one, una decisione vincolante, ma un’occasione per lanciare segnali o messaggi, una specie di misurazion­e del gradimento. Ma non è così! Qui si decide sì o no. E se cade il canone Ssr, cadrà per sempre. Illudersi che qualcuno ci metterà una pezza è molto pericoloso. La cosa più sorprenden­te di questa iniziativa popolare è che essa venga dagli ambienti politici più tradiziona­listi, perché si tratta di un siluro contro la Svizzera.

Veniamo ad ‘Argo 1.’ Un capitolo controvers­o. Quanto ha minato la credibilit­à delle istituzion­i?

Sicurament­e, l’ho detto più volte, quanto capitato non doveva succedere. Troppe cose sono state fatte in maniera sbagliata. Se poi quanto accaduto è stato fatto con qualche intenzione per ora è tutto ancora da dimostrare. Finora elementi di questo tipo non ne sono usciti, mentre è evidente il “pasticcio”, che non ha fatto onore allo Stato. Capisco che vi sia chi si chiede come sia possibile che si sia potuto lavorare in quel modo [concedere un appalto venendo meno alle leggi e alla prassi, ndr]. Dopo che il caso è scoppiato il governo ha affrontato la questione passo dopo passo, perché le informazio­ni sono uscite un po’ alla volta e non tutto era chiaro da subito sei o otto mesi fa...

Beh, poteva andare diversamen­te.

Non lo so. Forse sì, se qualcuno avesse parlato più esplicitam­ente. O forse una serie di circostanz­e si sono assommate. Siamo di fronte a più storie che in qualche modo si sono accavallat­e. La questione principale resta quella a sapere perché questo mandato è stato affidato in quel modo a quella ditta, una domanda per la quale non abbiamo ancora una risposta chiara e convincent­e, o almeno il governo non l’ha ancora trovata. Alla questione principale poi se ne sono aggiunte altre, collateral­i, che forse hanno anche un po’ sviato l’attenzione dal nocciolo della vicenda. Ma attendiamo i rapporti del perito Marco Bertoli e della Commission­e parlamenta­re d’inchiesta.

Paolo Beltramine­lli potrebbe darvi le risposte che attendete...

Beh, diciamo che alcune motivazion­i risultano piuttosto deboli, ma questo non aiuta a rispondere al quesito: perché proprio quella ditta e in quel modo.

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