Un libro a orologeria
La Casa Bianca vuole impedire l’uscita del lavoro sul primo anno di Trump alla presidenza Le smentite e l’allarme nato nell’Amministrazione hanno finito per accreditare il volume come una bomba di portata devastante
Washington – Fermate quel libro. Donald Trump ha un nuovo nemico, più pericoloso di Kim Jong-un, a giudicare dalla foga con cui il presidente Usa e il suo staff si sono scagliati contro ‘Fire and fury, inside the Trump White House’. Il libro, non ancora pubblicato, ma del quale un’accorta strategia di marketing ha fatto uscire anticipazioni clamorose, rischia infatti di avere effetti devastanti sulla presidenza. Tanto che ormai la questione che tutti si pongono non è più se il contenuto del libro sia veritiero, ma perché Trump ne ha tanta paura. Il ritratto impietoso che Wolff fa tracciato del presidente e della sua Amministrazione si basa su oltre 200 fonti anche interne della Casa Bianca, Trump compreso. Un Trump considerato, secondo l’autore, del tutto inadeguato a svolgere il proprio ruolo dall’intero staff. Deriso alle spalle dai suoi stessi consiglieri che lo dipingono come un “idiota circondato da clown”. I legali del presidente hanno scritto all’autore e all’editore del volume, chiedendo di bloccarne l’imminente pubblicazione sotto la minaccia di una causa per diffamazione. La diffida è contro “qualsiasi ulteriore pubblicazione, distribuzione e diffusione del libro” o di ogni estratto. Gli avvocati del presidente hanno diffidato anche Steve Bannon per aver violato un accordo svelando a Wolff informazioni confidenziali. Mosse intimidatorie che nascondono una certa preoccupazione e che qualcuno legge come una tacita ammissione che qualcosa di vero in quel libro c’è. Bannon non è la sola fonte citata da Wolff, ma certamente quella che più infiamma le pagine. “Con lui non parlo più”, ha detto ieri ai giornalisti Trump riferendovisi, dopo averlo ripudiato pubblicamente con una durezza mai usata prima da un presidente nei confronti di un proprio alto consigliere, in questo caso lo stratega di una vittoria elettorale assicurata dai voti dell’estrema destra. E tale era Bannon, nonostante il goffo tentativo di scaricarlo (“dopo aver perso il posto ha perso la testa”). Un Bannon che ieri si è preso il gusto di commentare: “Il presidente è un grande uomo, lo sapete, e lo sostengo ogni giorno”. Il fatto è che, bugie o verità che siano quelle di Bannon e quelle di Wolff, la loro portata è tale da invalidare la narrativa del presidente, proprio perché basata a sua volta su bugie o “fatti alternativi”, come ebbe a spiegare una volta la sua portavoce. Far tacere Wolff è diventato più urgente di mettere a tacere Kim. Cosa dirà questa volta Trump: che il suo libro è più grosso?