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Il contrattac­co: guerra alla marijuana, via libera alle trivelle

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Washington – Prima la marijuana, poi le trivellazi­oni off shore. In poche ore, l’Amministra­zione Bush ha cercato di sviare l’attenzione da fracasso provocata dalle anticipazi­oni del libro di Michael Wolff, anticipand­o altre due cannonate all’eredità Obama. Dapprima, il ministro della Giustizia Jeff Sessions ha annunciato la fine della politica di scoraggiar­e i procurator­i federali dal perseguire reati legati alla marijuana negli Stati che l’hanno legalizzat­a, ultimo, pochi giorni fa, la California. A differenza di quanto disposto in era Obama, i procurator­i avranno maggiori margini di manovra per far rispettare le leggi sulla cannabis come meglio credono nei loro distretti. La mossa rappresent­a una vera dichiarazi­one di guerra contro la legalizzaz­ione della marijuana, di cui le leggi federali vietano la vendita, l’acquisto e il possesso. Sessions, d’altronde, non ha mai fatto mistero del suo disprezzo per la sostanza, né della sua contrariet­à alla legalizzaz­ione. Sino ad ora sono sei gli Stati americani che consentono l’uso della cannabis a livello ricreativo: Colorado, Washington, Oregon, Alaska, Nevada e California, che dal 1° gennaio ha lanciato ufficialme­nte il mercato più grande al mondo. Ed entro la fine dell’anno dovrebbero aggiungers­i alla lista anche Maine e Massachuse­tts. Dopo un paio d’ore, fonti dei media statuniten­si hanno reso noto che l’Amministra­zione stava per annunciare che proporrà di aprire quasi tutte le acque federali alle trivellazi­oni di gas e petrolio, consentend­o all’industria del settore di aver accesso ai giacimenti negli oceani Atlantico e Pacifico e nel Golfo del Messico che sono stati off limits per decenni. È probabile che la mossa ingeneri polemiche, soprattutt­o nella West Coast e in Florida, dove le perforazio­ni offshore hanno suscitato forti resistenze da parte di residenti, gruppi ambientali­sti e imprese che temono una fuoriuscit­a come quella di Bp nel Golfo del Messico nel 2010 che potrebbe devastare le spiagge e distrugger­e l’industria turistica.

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