L’esperienza dell’India
Nel 1961, con il pretesto di partecipare ad un convegno per il centenario della nascita di Tagore, Moravia e Pasolini si recarono in India, inaugurando inconsapevolmente una nuova stagione nella lunga tradizione di viaggiatori occidentali incantati dal Subcontinente. Nella prima metà del Novecento molti intellettuali europei erano partiti verso l’India alla ricerca di una spiritualità più autentica, di un esotismo antico, di una sensualità ancestrale e mistica. Ma a partire dagli anni 60, proprio sulla scorta dei racconti della generazione di intellettuali che li avevano preceduti, poeti, narratori, registi, musicisti, fotografi, artisti e figli dei fiori si recarono in India alla ricerca di un’esperienza. Allen Ginsberg vi visse tra il ’62 e il ’63, mentre famosissimo fu il soggiorno dei Beatles presso l’ashram del Maharishi nel 1968. Ad aprire le danze furono proprio Un’idea dell’India di Moravia e L’odore dell’India di Pasolini, due narrazioni apparentemente antitetiche, ma che sono in realtà complementari. Moravia, classe 1907, apparteneva proprio a quella “generazione precedente” di viaggiatori che avevano costruito il mito dell’India (era la seconda volta che vi si recava, in effetti, il suo primo viaggio fu nel 1937), e questo emerge chiaramente nel diverso approccio che lo scrittore più anziano dà al suo diario di viaggio. Diversamente da Pasolini, il cui atteggiamento nei confronti dell’India è sensuale, spaesato e sentimentale, Moravia è animato da un intento razionale e analitico, la sua prosa è più descrittiva, più incline a mostrarci l’India attraverso l’occhio del viaggiatore. Cerca, in altre parole, di capire cosa è l’India. Atteggiamento dunque razionale, ma non per questo privo di sentimento. Moravia si interroga in continuazione sulle mille contraddizioni (questa parola ritorna spesso negli scritti dei viaggiatori in India) di un paese difficile da comprendere: l’approccio documentaristico, attento al dettaglio, talvolta impersonale (Moravia non nomina mai il suo compagno di viaggio Pasolini, mentre quest’ultimo lo cita in continuazione), è stemperato dalle sue personalissime riflessioni sull’esotismo illusorio, sulla mancanza della magia dell’Oriente per le strade di Aurangabad, sulla concezione della morte davanti alle pire funerarie a Benares. Moravia si sofferma quindi sugli aspetti storici, politici e religiosi dell’India, sui quali è indubbiamente più informato del suo compagno di viaggio Pasolini, i cui (pre)giudizi sono invece fortemente condizionati dal suo essere italiano, europeo, marxista. Il suo sguardo sul tessuto sociale indiano e su alcuni aspetti più apparenti delle tradizioni religiose induiste è, purtroppo, uno sguardo talvolta superficiale che usa metri di giudizio occidentali. Ma perché no, del resto? Pasolini, raccontandoci l’India, ci rivela se stesso e il suo modo di guardare il mondo: il cuore di un poeta che si lascia commuovere dalla povertà e dalla bellezza di un popolo, la mente di un intellettuale che rifiuta i meccanismi tipici del capitalismo occidentale, quella proto-globalizzazione che già allora aveva intuito e visto accadere. E ci svela ancora l’importanza delle singole, piccole grandi storie individuali di quegli “ultimi” che ha sempre cercato di raccontare, nei suoi romanzi come nei suoi film.
Questi due diari saranno argomento centrale della lettura nell’ambito del Focus India: L’odore dell’India e Un’idea dell’India Dai diari di viaggio di Pasolini e Moravia Giovedì 11 gennaio, ore 18.00 Hall del LAC – Lugano Arte e Cultura