Quel Modì passato da Locarno
C’è chi, in Ticino, ricorda perfettamente di essere stato nella casa di un collezionista nel Locarnese. Erano gli anni 80, ci racconta il nostro interlocutore (che preferisce restare anonimo), e quel collezionista gli mostrò un falso di Modigliani, da lui acquistato. Era il ‘Ritratto di Soutine’ esposto nella mostra a Palazzo Ducale a Genova, finito sotto sequestro e infine bollato come falso (insieme ad altri 20 dipinti) dalla perizia disposta dalla Procura di Genova. Il nostro interlocutore ricorda il collezionista come «un uomo di grande fiuto» che aveva intuito qualcosa: la possibile autenticità del dipinto o la possibilità di farlo passare per autentico. Difficile dirlo oggi, di certo tra le due opzioni c’è una bella differenza, come fra buona e cattiva fede. Fatto sta che quella sera il collezionista tira fuori delle «carte» che avvalorano l’ipotesi dell’autenticità. Studi affidabili o meno? Quel che si può dedurre è che il ‘Ritratto di Soutine’ – da qualcuno, in qualche modo – è stato autenticato, vedendo moltiplicare esponenzialmente il proprio valore. E qui veniamo al punto, reso palese dalla vicenda genovese in cui è finito indagato Rudy Chiappini, in cui alcune tele appaiono falsificate in modo “grossolano” (sostiene la perizia). Il direttore dei Servizi culturali locarnesi si difende dicendo che «l’attribuzione non l’ha fatta lui». Insomma, a lui sono arrivati come autentici. Restando in sospeso il giudizio sulla legalità del suo operato, si addensano le ombre sulla sua professionalità e sulla trasparenza di un mondo dell’arte in cui curatori, istituzioni museali e collezionisti vedono convergere in modo pericoloso i rispettivi interessi. Quanto affidabili sono le certificazioni da parte di esperti? Considerando che, nel caso di Modigliani, il valore di un dipinto può passare di colpo da 0 a 50 milioni di euro, di quali argomenti dispone un collezionista per “suggerire” un’autenticazione? E quali interessi può avere l’esperto a dire “no, è una crosta” o “sì, è autentico”? Carlo Pepi, colui che con il suo esposto ha fatto scoppiare lo scandalo, ancor prima che la mostra genovese venisse chiusa, ha detto: «Mi sono dimesso da Casa Natale Modigliani, che fondai, e poi dagli Archivi Modigliani perché, unico tra i curatori, mi rifiutavo di autenticare opere che a mio parere erano palesemente false». CLO