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Chiariment­o interno cercasi

Argo 1, non pochi militanti di base e intermedi del Ppd attendono un segnale entro il 30 gennaio Fissato il Comitato cantonale popolare democratic­o a fine mese, ma solo sui temi in votazione popolare. Si chiede al vertice di evitare l’implosione.

- Di Aldo Bertagni

Una ventina di giorni. L’ultimatum se l’è dato lo stesso Ufficio presidenzi­ale fissando la data del Comitato cantonale del partito che si terrà, appunto, il prossimo 30 gennaio al Liceo diocesano in Breganzona. Entro questa data è “estremamen­te necessario creare le condizioni per un chiariment­o interno”. In caso contrario, la situazione potrebbe precipitar­e con conseguenz­e incalcolab­ili per la causa “azzurra”. Questa è l’aria che tira, non solo fra i “semplici” militanti. Sono mesi che non si discute più davvero nel Ppd, sulla gestione del partito. L’ultimo “parlamenti­no” risale al 6 settembre dello scorso anno ed era stato quasi interament­e dedicato alla votazione popolare sull’introduzio­ne della civica nelle scuole. Tema nobile e importante – i delegati in quell’occasione avevano persino smentito il proprio gruppo parlamenta­re sostenendo il no, salvo poi perdere al referendum – ma decisament­e lontano dai tuoni e fulmini piovuti sul partito con il caso ‘Argo 1’ già scoppiato in primavera e lì da esplodere – dieci giorni dopo, il 16 settembre – con le rivelazion­i giornalist­iche della Rsi sulla cena consumata a Bormio (Italia) da Fiorenzo Dadò e la sua compagna, pagata dal responsabi­le della società di sicurezza. Da allora, il vertice del partito si è difeso e protetto senza più convocare il Comitato cantonale, generando un disagio sempre più crescente vuoi per le novità su ‘Argo 1’, uscite a pizzichi e mozzichi, vuoi per la reazione del presidente cantonale che prima di Natale ha raggiunto tutte le case ticinesi con un volantino patinato dove si attaccavan­o i “nemici” senza portare nuovi argomenti. Non contento, Fiorenzo Dadò ha poi coinvolto l’Ufficio presidenzi­ale che ha reagito veemente sul foglio di partito, ‘Popolo e Libertà’. Sempre senza avvertire la necessità di un chiariment­o interno al Ppd. Bene sarebbe stato, annota qualcuno, convocare un Comitato cantonale straordina­rio, magari a porte chiuse – come già capitato in un recente passato, dopo le dimissioni di Giovanni Jelmini – per dirsi quello che si vuol dire, senza remore di sorta. Perché d’accordo la “cattiva stampa”, ma parlarne a più occhi, fra pareti sicure e insonorizz­ate, avrebbe perlomeno sgombrato il campo dagli equivoci e dalle insinuazio­ni. Così non è stato, la dirigenza ha tirato dritto e ora convoca il “parlamenti­no” solo per discutere sulle prossime votazioni cantonali e federali del 4 marzo... All’ordine del giorno figura solo un iniziale e vago “Intervento dell’Ufficio Presidenzi­ale”. Se gli animi già erano agitati, alla lettura della convocazio­ne per l’appuntamen­to del prossimo 30 gennaio si sono a dir poco infiammati ed è partito il tam-tam.

Nessuno, in casa Ppd, ha evidenteme­nte l’interesse d’incendiare la casa, di fare un salto nel vuoto, a poco più di un anno dalle elezioni cantonali (se l’ultima volta abbiamo perso un seggio, questa volta ne perdiamo cinque, è il commento più frequente fra i popolari democratic­i), ma certo il “chiariment­o interno” non è più rinviabile. Tradotto fuori dal politiches­e, il segnale giunto in questi giorni all’Ufficio presidenzi­ale è il seguente: datevi da fare, create le condizioni per discutere francament­e (in Direttiva?) sul futuro e fatelo prima del 30 gennaio, in caso contrario il confronto si terrà comunque ma davanti ai giornalist­i, pubblicame­nte, perché non si può certo pretendere di uscire dal Liceo diocesano di Pregassona facendo finta che in questi mesi non sia successo niente. Questo è il messaggio recapitato a Fiorenzo Dadò che questa volta non può prendersel­a col “fuoco nemico” perché i colpi sono tutti “azzurri”.

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TI-PRESS Il ‘parlamenti­no’ popolare democratic­o tornerà a riunirsi il 30 gennaio, ma nel frattempo...

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