Altre decine di migranti annegati al largo della Libia
Il Cairo – Vi sarebbero stati altri cento morti in un nuovo naufragio di una imbarcazione carica di migranti, salpata dalla Libia per tentare di raggiungere le coste italiane. Dopo gli oltre 60 morti nel naufragio dell’Epifania, le stime relative a quello dell’altro ieri a est di Tripoli parlano appunto di cento vittime. La segnalazione è venuta dalla Guardia costiera libica che all’alba di martedì ha soccorso un gommone sfondatosi al largo di Homs, un centinaio di chilometri a est della capitale. La motovedetta Sabrata ha trovato 17 naufraghi aggrappati alla camera d’aria di un’imbarcazione che poteva contenere fino a 120 persone: la stima ufficiale è dunque di 90-100 dispersi, che si teme siano annegati. Si tratta potenzialmente di uno dei più gravi naufragi degli ultimi mesi: negli archivi bisogna risalire alla terza decade di maggio per trovare una stima peggiore (i 156 segnalati da superstiti giunti a Taranto). Mentre i guardacoste libici stimavano il disastro, sono giunti sos per altri due gommoni alla deriva: il bilancio totale delle persone soccorse è stato di 279, tra cui 19 donne e 17 bambini. I migranti provengono da Paesi africani come Gambia, Senegal, Sudan, Mali, Nigeria, ma anche asiatici (Bangladesh e Pakistan). Nonostante i numerosi salvataggi, la rotta mediterranea centrale si conferma la più pericolosa al mondo, ha sostenuto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). L’agenzia ha sottolineato che solo in questi primi giorni dell’anno sono morte o andate disperse nelle acque del Mediterraneo quasi 200 persone. L’anno scorso le morti registrate dall’Oim nel Mediterraneo erano state 3’116, peraltro in forte calo rispetto alle 5’143 dell’anno prima: la stima dei decessi dal 2014 si avvicina comunque alla soglia dei 15mila e ai 34mila quella complessiva dal 2000. La nuova strage è arrivata dopo una drastica riduzione degli sbarchi di migranti in Italia seguita agli accordi con la Libia: -34% nel 2017 con un crollo del 70% negli ultimi cinque mesi dell’anno. Non si sa – occhio non vede, cuore non duole – quanti siano morti nei campi in cui i libici trattengono i “fermati”.