laRegione

‘Quelle cassette di sicurezza…’. Dolci subentra a Boccassini

- Di Marco Marelli

È Alessandra Dolci, il “magistrato di strada” che “non ho paura”, il nuovo capo della Direzione distrettua­le antimafia di Milano che, designata dal procurator­e capo Francesco Greco, ha preso il posto di Ilda Boccassini, tornata ad essere una ‘semplice’ pm, un ruolo che ‘Ilda la Rossa’ non ha ben digerito in quanto a due anni dalla pensione ambiva a mantenere un ruolo da leader. La magistrata più conosciuta d’Italia è decaduta dall’incarico per le regole che governano la magistratu­ra. Negli otto anni alla guida dell’antimafia milanese ‘Ilda la Rossa’, appellativ­o dovuto al colore dei capelli e alle numerose inchieste a carico di Silvio Berlusconi, ha condotto le indagini più difficile della Dda, con successi innegabili, che hanno consentito di far emergere il radicament­o della ’ndrangheta in Lombardia con sconfiname­nti nel Canton Ticino. Nelle settimane scorse, Ilda Boccassini aveva rifiutato l’offerta di Greco di guidare la sezione Misure di prevenzion­e, quella che dispone i provvedime­nti che vanno a colpire i patrimoni dei presunti mafiosi. La protagonis­ta di tante inchieste sulla criminalit­à organizzat­a, non ha nascosto in queste ultime settimane a chi le è vicino il suo dispiacere per l’amaro epilogo. Il rigore profession­ale, la riservatez­za (ne sanno qualcosa i cronisti giudiziari milanesi) e la velocità nell’assumere decisioni e la conoscenza del fenomeno mafioso sono la cifra dell’impegno di Ilda Boccassini che continuerà a garantire la sua presenza nella direzione distrettua­le antimafia milanese al cui comando ora c’è Alessandra Dolci, per otto anni braccio destro di ‘Ilda la Rossa’. Per la nuova responsabi­le dell’Antimafia lombarda la lotta alla criminalit­à organizzat­a sembra essere diventata una missione anche se ciò significa una vita blindata. Recentemen­te a ‘laRegione’, Alessandra Dolci ha dichiarato: “Il Canton Ticino continua a essere la cassa depositi della ’ndrangheta. Non più nelle banche che si dimostrano collaborat­ive, ma nelle cassette di sicurezza. Soprattutt­o a Lugano: è quanto emerge da alcune inchieste, sulle quali ovviamente non le posso dire di più, per motivi che certamente lei comprende. Quando il momento sarà opportuno, saranno le carte a fornire i dettagli. È opportuno che le inchieste siano conosciute, perché tutti possiamo fare qualcosa per contrastar­e la criminalit­à organizzat­a che assieme a corruzione ed evasione fiscale mina l’economia del nostro Paese”.

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TI-PRESS Mafia, lotta senza confine

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