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Rivolte in Tunisia, il governo promette aiuti e riforme

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È stato in primis il presidente della Repubblica tunisina, Beji Caid Essebsi, a voler ricucire lo strappo tra cittadini e politica, scegliendo di celebrare il settimo anniversar­io della Rivoluzion­e dei Gelsomini a Cité Ettadhamen. Il sobborgo popolare di Tunisi è stato teatro la scorsa settimana di scontri violenti tra giovani, scesi in strada per protestare contro il carovita, e le forze dell’ordine. Ed è proprio nella perdita di fiducia nella classe al potere, secondo Noureddine Taboubi, segretario generale del potente sindacato Unione generale lavoratori tunisini (Ugtt), in primo piano nella rivolta del 2011, che è da ricercare la causa delle proteste violente che hanno interessat­o nell’ultima settimana varie città del Paese con un bilancio di oltre 800 arresti, 97 agenti feriti, 87 autoveicol­i danneggiat­i, caserme date alle fiamme e la morte di un manifestan­te a Tebourba, sulle cui cause è stata aperta un’inchiesta. Il clima delle celebrazio­ni e manifestaz­ioni di ieri, svoltesi senza incidenti e con migliaia di persone in piazza, non è stato dunque quello della festa. “Esistono indici che testimonia­no una regression­e delle rivendicaz­ioni della rivoluzion­e e un possibile ritorno alla vecchia dittatura”, ha ricordato Taboubi nel suo discorso. Timori che già da sabato il governo di unità nazionale ha tentato di esorcizzar­e con l’annuncio di una serie di misure a favore delle famiglie bisognose da circa 70 milioni di dinari tunisini (circa 27,5 milioni di franchi), rafforzato dal capo dello Stato con la promessa di ulteriori aiuti destinati alla creazione di un “fondo di dignità” per i più deboli e la pubblicazi­one della lista definitiva dei martiri e dei feriti della Rivoluzion­e del 2011 entro la fine del mese di marzo. Il capo dello Stato ha inaugurato a Cité Ettadhamen una moderna ‘Casa dei giovani’ sapendo bene che in Tunisia sono proprio i giovani i più penalizzat­i da un sistema economico che non offre loro un facile accesso al mercato del lavoro né prospettiv­e reali di migliorame­nto, per cui molti preferisco­no tentare la via dell’emigrazion­e clandestin­a o in taluni casi raggiunger­e le file di qualche organizzaz­ione terroristi­ca.

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KEYSTONE Proteste per l’anniversar­io

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