‘È stata svuotata di significato La si abroghi’
«Non ci possono essere piani B, secondo me. L’unica soluzione che vedo è l’abrogazione della Lia, una legge liberticida, negativa per l’economia ticinese, che non ha raggiunto l’obiettivo per il quale è stata concepita dal Gran Consiglio e che la sentenza del Tribunale amministrativo ha svuotato di significato». È perentorio l’avvocato bellinzonese Paolo Tamagni. Suo il ricorso inoltrato per conto di una ditta sopracenerina che contestava l’obbligo di iscrizione all’albo introdotto dalla Legge cantonale sulle imprese artigianali, la Lia appunto. E il Tram, il Tribunale cantonale amministrativo, ha dato ragione all’azienda. Il verdetto, dello scorso novembre, ha indotto il Consiglio di Stato a interrogarsi sul futuro della normativa.
Avvocato, va giù duro sulla Lia...
Parliamoci chiaro, in realtà la Lia è stata pensata soprattutto come legge anti-padroncini. Se però si guarda l’albo si scopre che nei settori d’attività più importanti una parte consistente delle iscritte sono ditte artigianali italiane, succursali di queste in Ticino e imprese qui costituite da ex padroncini.
Ha detto anche che è una legge liberticida. Non esagera?
Per niente. La Lia limita il libero esercizio dell’attività artigianale, imponendo esami (con questionari infarciti di domande che ritengo, e non solo io, assurde) e l’iscrizione all’albo (una sfilza di requisiti) a imprese attive anche da molti anni, che non hanno mai fatto concorrenza sleale e che da sempre operano nel rispetto delle leggi federali. Leggi federali che, come ha evidenziato il Tram nella sentenza con cui ha accolto il ricorso da me presentato, perseguono già gli scopi dichiarati della Lia, come la promozione della qualità dei lavori, la sicurezza dei dipendenti e la prevenzione degli abusi nell’esercizio della concorrenza. Non solo. Il tribunale ha pure stabilito che diverse attività artigianali considerate dalla Lia non comportano per la collettività alcun rischio, tantomeno accresciuto. Ergo: non c’è quel prevalente interesse pubblico che giustificherebbe un regime autorizzativo. Regime che invece vige per gli impresari costruttori, tenuti a iscriversi all’albo introdotto dalla Lepicosc, la Legge cantonale sull’esercizio della professione di impresario costruttore. Per il Tram dunque la Lia è un provvedimento legislativo sproporzionato e anticostituzionale. C’è poi una cosa che lascia perplessi.
Quale?
Alludo alla valutazione esterna disposta dal governo: stando ai suoi contenuti, dei quali ha riferito sabato il ‘Corriere del Ticino’, si sta cercando di dare alla Lia un senso diverso da quello voluto dal Gran Consiglio. È inammissibile sostenere oggi che si potrebbe mantenere l’obbligo di iscrizione all’albo almeno per alcune professioni artigianali, come per esempio, sempre secondo la valutazione esterna, quelle di carpentiere e di metalcostruttore poiché possono presentare dei rischi. L’interesse pubblico prevalente che può rendere plausibile un regime autorizzativo lo si accerta nel momento in cui si fa, si approva e si promulga una legge. Non dopo. È una delle regole basilari dello Stato di diritto.
Insomma per lei c’è un solo piano B: l’abrogazione della Lia.
A maggior ragione se il Tram dovesse accogliere i ricorsi della Comco. I collaboratori della Commissione di vigilanza Lia potrebbero essere reinseriti negli organi di controllo previsti dalle leggi federali che già disciplinano gli ambiti d’applicazione della Lia. E il Gran Consiglio potrebbe ragionare su un’estensione della Lepicosc, la legge sugli impresari costruttori, a certe attività artigianali.