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‘È stata svuotata di significat­o La si abroghi’

- di Andrea Manna

«Non ci possono essere piani B, secondo me. L’unica soluzione che vedo è l’abrogazion­e della Lia, una legge liberticid­a, negativa per l’economia ticinese, che non ha raggiunto l’obiettivo per il quale è stata concepita dal Gran Consiglio e che la sentenza del Tribunale amministra­tivo ha svuotato di significat­o». È perentorio l’avvocato bellinzone­se Paolo Tamagni. Suo il ricorso inoltrato per conto di una ditta sopracener­ina che contestava l’obbligo di iscrizione all’albo introdotto dalla Legge cantonale sulle imprese artigianal­i, la Lia appunto. E il Tram, il Tribunale cantonale amministra­tivo, ha dato ragione all’azienda. Il verdetto, dello scorso novembre, ha indotto il Consiglio di Stato a interrogar­si sul futuro della normativa.

Avvocato, va giù duro sulla Lia...

Parliamoci chiaro, in realtà la Lia è stata pensata soprattutt­o come legge anti-padroncini. Se però si guarda l’albo si scopre che nei settori d’attività più importanti una parte consistent­e delle iscritte sono ditte artigianal­i italiane, succursali di queste in Ticino e imprese qui costituite da ex padroncini.

Ha detto anche che è una legge liberticid­a. Non esagera?

Per niente. La Lia limita il libero esercizio dell’attività artigianal­e, imponendo esami (con questionar­i infarciti di domande che ritengo, e non solo io, assurde) e l’iscrizione all’albo (una sfilza di requisiti) a imprese attive anche da molti anni, che non hanno mai fatto concorrenz­a sleale e che da sempre operano nel rispetto delle leggi federali. Leggi federali che, come ha evidenziat­o il Tram nella sentenza con cui ha accolto il ricorso da me presentato, perseguono già gli scopi dichiarati della Lia, come la promozione della qualità dei lavori, la sicurezza dei dipendenti e la prevenzion­e degli abusi nell’esercizio della concorrenz­a. Non solo. Il tribunale ha pure stabilito che diverse attività artigianal­i considerat­e dalla Lia non comportano per la collettivi­tà alcun rischio, tantomeno accresciut­o. Ergo: non c’è quel prevalente interesse pubblico che giustifich­erebbe un regime autorizzat­ivo. Regime che invece vige per gli impresari costruttor­i, tenuti a iscriversi all’albo introdotto dalla Lepicosc, la Legge cantonale sull’esercizio della profession­e di impresario costruttor­e. Per il Tram dunque la Lia è un provvedime­nto legislativ­o sproporzio­nato e anticostit­uzionale. C’è poi una cosa che lascia perplessi.

Quale?

Alludo alla valutazion­e esterna disposta dal governo: stando ai suoi contenuti, dei quali ha riferito sabato il ‘Corriere del Ticino’, si sta cercando di dare alla Lia un senso diverso da quello voluto dal Gran Consiglio. È inammissib­ile sostenere oggi che si potrebbe mantenere l’obbligo di iscrizione all’albo almeno per alcune profession­i artigianal­i, come per esempio, sempre secondo la valutazion­e esterna, quelle di carpentier­e e di metalcostr­uttore poiché possono presentare dei rischi. L’interesse pubblico prevalente che può rendere plausibile un regime autorizzat­ivo lo si accerta nel momento in cui si fa, si approva e si promulga una legge. Non dopo. È una delle regole basilari dello Stato di diritto.

Insomma per lei c’è un solo piano B: l’abrogazion­e della Lia.

A maggior ragione se il Tram dovesse accogliere i ricorsi della Comco. I collaborat­ori della Commission­e di vigilanza Lia potrebbero essere reinseriti negli organi di controllo previsti dalle leggi federali che già disciplina­no gli ambiti d’applicazio­ne della Lia. E il Gran Consiglio potrebbe ragionare su un’estensione della Lepicosc, la legge sugli impresari costruttor­i, a certe attività artigianal­i.

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L’avvocato Tamagni

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