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Jordan (Bns) respinge l’iniziativa moneta intera

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La Banca nazionale svizzera (Bns) respinge l’iniziativa moneta intera e rifiuta anche l’idea alternativ­a di permettere ai cittadini di detenere attivi a vista presso l’istituto. Lo ha affermato ieri il presidente della direzione Thomas Jordan in occasione di un discorso tenuto a un simposio a Zurigo. La Bns condivide il parere del Consiglio federale e del parlamento, che hanno deciso di sottoporre senza controprog­etto al popolo l’iniziativa, ha spiegato Jordan. La proposta di modifica costituzio­nale vorrebbe riservare alla Bns l’emissione di moneta, togliendol­a quindi alle banche private. Come alternativ­a alcuni ambienti accademici hanno avviato un dibattito sull’introduzio­ne di una moneta digitale per il grande pubblico: si tratterebb­e di denaro elettronic­o, nella valuta nazionale e creato dall’istituto. In altri termini la gestione di conti di averi a vista presso la Bns non sarebbe più limitato alle sole banche commercial­i. «Per essere corretti e desiderabi­li dal punto di vista economico la moneta intera e l’accesso allargato alla moneta digitale della banca centrale dovrebbero fornire risultati migliori rispetto al sistema attuale», ha puntualizz­ato Jordan. «A nostro parere, nessuna delle due proposte soddisfa questa condizione», ha sottolinea­to. Secondo il 54enne il passaggio alla moneta intera imporrebbe alla Banca nazionale un onere gravoso, in particolar­e per quanto riguarda la concession­e di crediti. Ciò porterebbe ad una centralizz­azione «che non è desiderabi­le». Se fosse accolta l’iniziativa limiterebb­e inoltre l’offerta di liquidità e credito da parte delle banche alle famiglie e alle imprese. La Svizzera si troverebbe poi con un sistema finanziari­o mai sperimenta­to prima d’ora e fondamenta­lmente diverso da quello in vigore in tutti gli altri Paesi. D’altro canto l’uso della moneta digitale della banca centrale da parte del pubblico sollevereb­be molti problemi pratici. Secondo Jordan questa idea – come la moneta intera – metterebbe in discussion­e la tradiziona­le divisione del lavoro tra banca centrale e istituti commercial­i.

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