‘Mi scuso, ma non erano insulti’
Prende posizione (all’albo degli studenti) il docente del Liceo finito sotto inchiesta per battute sessiste
‘Capita di avere delle classi con le quali s’instaura un particolare feeling che mi porta a scherzare, ma non mi sono mai lasciato andare’
“Probabilmente la mia satira e il mio humour non sono apprezzati da tutti, e forse è capitato che un allievo/a si sia sentito implicato o a disagio. Ho sempre cercato di risolvere i malintesi con una stretta di mano, e se non sempre ci sono riuscito, me ne scuso”. E ancora: “Capita di avere delle classi con le quali s’instaura un particolare feeling che mi porta a dialogare e scherzare. Indipendentemente dalla qualità delle mie battute, tengo però a sottolineare che questo non significa lasciarsi andare: non ho mai insultato nessun allievo, non ho mai imprecato, non mi sono mai presentato a lezione in condizioni sopra le righe”. Si scusa il professore del Liceo di Bellinzona posto sotto inchiesta amministrativa dal Decs dopo la segnalazione fatta in dicembre da alcune allieve. Lo fa con una missiva da lui stesso introdotta ieri nell’istituto, invitando gli studenti a farla girare poiché “la direzione si rifiuta di affiggerla all’albo con le altre lettere già esposte”. Nelle due pagine, dopo aver spiegato di trovarsi in cura per una leggera depressione derivante dalla vicenda, ammette di aver pronunciato durante le lezioni alcune frasi indicate nelle segnalazioni inviate al Decs; altre battute – sottopostegli dai vertici del dipartimento durante un incontro avuto l’11 dicembre – assicura di non averle mai pronunciate. Peraltro sottace di aver pronunciato frasi sessiste (ad esempio sul corpo di talune allieve e l’invito ad avere con lui rapporti sessuali in uno sgabuzzino). E specifica: “Così come sono state presentate, a brani e spezzoni, singolarizzate ed enucleate dal contesto generale, le frasi riportane appaiono altamente scioccanti”. In realtà, sottolinea, “lo sono assai meno se contestualizzate nella completezza del discorso di cui fanno effettivamente parte”.
‘Iperboli dissacranti’
Quanto al suo approccio con allievi e classi, afferma di accettare che la sua colpa sia stata di cercare di costruire una complicità didattica: “Un rapporto d’insegnamento che andasse oltre la semplice lezione cattedratica, senza però confondere il mio ruolo di docente con quello di confidente o amico. Insomma, un ambiente particolare dove anche il linguaggio assume connotazioni più libere, più dirette, più popolari, legate alla parlata di tutti i giorni”. Certo, annota infine, “spesso faccio ricorso a iperboli dissacranti o a fatti di cronaca con l’intento di sdrammatizzare momenti di apprendimento complessi”. Come tutti, conclude, “ho un mio carattere e una mia personalità. Sono per natura estroverso e un po’ impulsivo”. Come riferito domenica dal ‘Caffè’, il lega- le dell’insegnante, l’avvocato Tuto Rossi, contesta il modo d’agire del Decs, dal quale attende ora la consegna di un dossier completo.
L’incontro in dipartimento
L’insegnante descrive così l’incontro avuto l’11 dicembre in dipartimento: “Due alti funzionari, accompagnati da un avvocato, mi mettono davanti un elenco anonimo di frasi estrapolare da ogni contesto, che avrei pronunciato in classe, senza specificare la classe e chi fosse l’allievo/a che le avrebbe riportate. I tre m’interrogano intimandomi di prendere posizione frase dopo frase. Colto di sorpresa comincio a balbettare, tentando di fare memoria locale e di ricostruire il contesto”. Tre giorni dopo “i medesimi funzionari ribadiscono la loro idea senza darmi la possibilità di difendermi, fornire le mie ragioni, ascoltare i compagni di classe, provare la mia innocenza”. Dal canto suo, ricordiamo, il capo della Divisione della scuola, Emanuele Berger, ha spiegato la scorsa settimana che di fronte a una segnalazione di uno o più studenti su un eventuale comportamento sconveniente tenuto in classe da un insegnante, in base alla Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (Lord) il dipartimento ha il dovere di approfondire quanto realmente accaduto e di adottare eventuali provvedimenti: «Non verificare significherebbe assumere un atteggiamento istituzionalmente inaccettabile e non etico».