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Roth: ‘Trump non è il mio Lindbergh’

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“Donald Trump non è il mio Charles Lindbergh”: in un’intervista esclusiva con il New York Times, Philip Roth respinge paragoni tra l’aviatore protagonis­ta del suo romanzo del 2004 ‘Il complotto contro l’America’ e l’attuale inquilino della Casa Bianca. “Per quanto preveggent­e quel libro possa sembrare, c’è una differenza enorme tra le circostanz­e politiche che inventai in quel libro per l’America del 1940 e la calamità politica che ci lascia tutti di sasso”, dichiara Roth al New York Times. Il romanziere spiega che “è la differenza di statura tra il presidente Lindbergh e il presidente Trump. Lindbergh, in vita e nel mio romanzo, è stato probabilme­nte un autentico razzista, un antisemita e un suprematis­ta bianco simpatizza­nte del fascismo, ma fu anche, a causa della sua impresa transatlan­tica a 25 anni, un autentico eroe americano 13 anni prima di quando io gli feci vincere la Casa Bianca. Trump in confronto è un’enorme truffa, la somma malvagia delle sue deficienze, privo di qualsiasi cosa che non sia l’ideologia vuota di un megalomane”. Per Roth, “nessuno che conosco si è immaginato un’America come quella in cui viviamo oggi. Nessuno si sarebbe potuto immaginare che la catastrofe da XXI secolo che è capitata all’America, il più avvilente dei disastri, sarebbe apparsa non nelle forme terrifican­ti di un Grande Fratello alla Orwell, ma nella ridicola figura da commedia dell’arte di un buffone vanaglorio­so”. L’autore di ‘Pastorale Americana’ la cui opera omnia è stata da poco raccolta nei Meridiani Mondadori, ha smesso di scrivere nel 2012 e al New York Times ha confermato che la scelta è stata definitiva.

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