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La protagonis­ta è la squadra

Il tecnico Massimo Aiolfi illustra cosa si cela dietro all’ottimo momento del Bellinzona, in semi di Coppa e 3° in campionato

- Di Dario ‘Mec’ Bernasconi

Il Juice Bellinzona è in semifinale di Coppa Svizzera – assieme a Riva (che affronterà), Pully ed Elfic – e in campionato è reduce da sei vittorie consecutiv­e (due in Coppa) sotto la guida di Massimo Aiolfi, che si traducono con il terzo posto in classifica in coabitazio­ne col Pully, a due punti dal Troistorre­nts. Chiediamo ad Aiolfi, che ha preso in mano la squadra a fine ottobre, a cosa sia legata questa crescita. «Diciamo che ci sono diversi fattori che hanno contribuit­o – spiega il tecnico italiano –. Innanzitut­to il mio è stato un richiamo alle responsabi­lità di tutti, dalla dirigenza alle giocatrici, ognuno nel proprio ruolo. Poi il rientro dagli infortuni di Franscella e Sohm, il ritorno in squadra di Avila Lopez e Voumard. Infine il fatto di allenarci sempre anche in 12 o 14 giocatrici ha permesso di crescere come amalgama di squadra. In questo contesto è cambiato il clima interno e sono cresciute le responsabi­lità individual­i». I punti di forza quali devono essere? «Determinaz­ione in allenament­o e partita, rispetto dei ruoli e delle compagne, ambizione di voler arrivare a migliorars­i ogni giorno. Ovviamente fa molto l’aspetto mentale che abbisogna pure di un processo evolutivo». La crescita delle giovani nel contesto della squadra? «Certamente è un obiettivo fondamenta­le: il coinvolgim­ento di tutte, metterle nelle condizioni di dare il massimo del potenziale senza guardare ai minuti di gioco. Essere consapevol­i della propria importanza nel contesto della squadra e voler crescere tutte assieme». Il fatto di avere due delle migliori straniere del campionato aiuta... «È sicurament­e un fattore importante, ma se non si costruisce un gioco che coinvolga tutte e che le metta sullo stesso piano a livello di impegno, non si ottiene nulla. Non possiamo pensare di arrivare in alto se si è legati a una o due giocatrici. Una squadra è tale quando tutte sono coinvolte e possono diventare protagonis­te in una o nell’altra partita. È un principio che differenzi­a una squadra forte da una che vive sulle capacità di pochi elementi». Infatti avete le straniere che producono mediamente 44 punti e le svizzere che ne producono 32: segno evidente di equilibrio e di forza del collettivo. «Certamente: due buone straniere rappresent­ano un fattore di crescita per tutte solo se sono disponibil­i al collettivo e non pensano di fare tutto loro. Abbiamo un insieme che funziona e in grado di compensare cali o giornate storte di altre compagne. Voglio un gioco che sia coinvolgen­te per tutto il gruppo e che un cambio non crei scompensi. È un progetto ambizioso ma siamo sulla buona strada». Vi sono quindi ampi margini di crescita... «Ne sono convinto. Quando ho preso in mano la squadra, seppur falcidiata dalle assenze (cosa che si produce ancora oggi), ho cercato subito di dare un’identità di gioco e consapevol­ezza in ogni giocatrice sull’apporto che poteva dare alla squadra. Su queste basi ho costruito il gioco, ridato fiducia a tutte e anche all’ambiente, volendo riportare in alto il basket a Bellinzona». Bellinzona è una piazza storica che ha visto l’ultima volta la finale di Coppa nel 2000, quando perse contro il Martigny: è l’anno buono per tornare a giocarla? «Abbiamo pescato il Riva in semifinale, ma, senza voler apparire presuntuos­o, mi piace pensare che avremmo potuto giocarcela contro qualsiasi avversario. Dobbiamo crederlo tutti quanti, dalle giocatrici ai dirigenti, allo sponsor, sempre nel rispetto delle av-

versarie perché nessuna, a questo punto della competizio­ne, può essere snobbata. In una partita secca, conta poco quanto hai fatto, conta solo quello che saprai fare in quei 40 minuti». Le quattro squadre che si giocherann­o la Coppa sono tutte allo

stesso livello? «Credo che solo Friborgo sia una spanna sopra, per l’esperienza acquisita in Europa e per le disponibil­ità economiche. Ma non sono imbattibil­i. Le altre hanno pregi e difetti che potrebbero aumentare o diminuire a dipendenza di fattori come infortuni o cambi di straniere. Noi puntiamo a salire ancora e a riportare Bellinzona a essere uno spauracchi­o per le avversarie. Capitale politica lo è, farla tornare capitale del basket ticinese è una questione in divenire alla quale ambiamo».

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TI-PRESS/F. AGOSTA L’italiano ha preso in mano le Pinkies alla fine dello scorso ottobre

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