laRegione

Servizi pubblici e ‘No Billag’

- Di Massimo Filippini, prof. economia

Appena sveglio la mattina, accendo la radio ed ascolto il radiogiorn­ale, poi, dopo colazione, percorro un tratto a piedi, salgo su un treno locale e dopo pochi minuti arrivo alla stazione di Lugano. Dopo, attraverso la città a piedi ed il parco Ciani, passo davanti ad una scuola elementare e raggiungo lo stabile dell’università che una volta accoglieva un ospedale pubblico. In questo percorso quotidiano, come del resto molte persone, ho usufruito e sono entrato in contatto con molti servizi cosiddetti pubblici. Infatti, l’informazio­ne, il trasporto su rotaia, il parco, la scuola elementare (...)

di Massimo Filippini, prof. economia Usi e Eth Zurigo

Segue dalla Prima (...), l’università e l’ospedale sono generalmen­te considerat­i dei servizi di pubblica utilità, dei servizi che meritano particolar­e attenzione da parte della società. In generale, da un punto di vista economico, i servizi pubblici sono offerti con l’intervento ed il supporto finanziari­o dello Stato, poiché il loro consumo è ritenuto dalla collettivi­tà particolar­mente desiderabi­le. La società ritiene quindi necessario per ragioni di coesione e giustizia sociale, e in parte anche di sviluppo economico, garantire ad ogni cittadino l’opportunit­à di avvalersi di alcuni servizi fondamenta­li. Occorre comunque precisare che la maggior parte dei servizi pubblici (istruzione, sanità, allacciame­nto ad una rete telefonica o elettrica, radiotelev­isione...) potrebbero essere offerti in un mercato cosiddetto “libero”, senza cioè l’intervento e l’aiuto finanziari­o dello Stato. Una soluzione di questo tipo potrebbe avere come conseguenz­a il sorgere di fenomeni di discrimina­zione nell’offerta, vale a dire che le persone più povere e quelle residenti nelle regioni più periferich­e potrebbero essere escluse dal consumo di questi importanti beni e servizi oppure ottenere servizi scadenti. È importante osservare che l’innovazion­e tecnologic­a e il cambiament­o del valore attribuito dalle persone alla coesione e alla giustizia sociale possono modificare la definizion­e di servizio pubblico. Infatti, con l’avvento dei telefoni cellulari, le cabine telefonich­e hanno cessato di svolgere la loro funzione di servizio pubblico. L’offerta di servizi pubblici può essere organizzat­a direttamen­te da un’impresa pubblica oppure da un’impresa privata for profit o non-profit. In alcuni casi si indice una gara d’appalto nella quale il miglior offerente ottiene il mandato per offrire il servizio. Da notare che le esperienze con le gare d’appalto, ad esempio per l’attribuzio­ne dei servizi regionali di trasporto, non sono sempre state positive. Infatti, non è sempre facile creare condizioni di concorrenz­a. Per questa ragione, alcuni settori del servizio pubblico sono sempre più dominati da grandi imprese o addirittur­a da imprese multinazio­nali, difficili da controllar­e e molto attente a massimizza­re i profitti e non il benessere della società. Di conseguenz­a, proposte di riforma che suggerisco­no di assegnare un servizio pubblico tramite gare d’appalto devono essere valutate in modo critico. In ogni caso, è fondamenta­le che lo Stato istituisca forti autorità di regolament­azione che possano controllar­e le imprese e ga- rantire un’offerta di servizi efficiente e di qualità. Per quanto concerne il servizio pubblico radiotelev­isivo che sarà oggetto di votazione nelle prossime settimane (iniziativa No Billag), vale la pena ricordare come l’informazio­ne, la cultura e i programmi di natura politica e sociale siano da considerar­e dei servizi fondamenta­li. Servizi che rappresent­ino in modo equilibrat­o il pluralismo di un paese e quindi permettano di acquisire conoscenze e sviluppare un pensiero critico riguardo a temi sociali e politici. In un sistema di democrazia diretta come il nostro, è importante che l’impresa che offre i servizi radiotelev­isivi abbia a disposizio­ne i necessari mezzi finanziari. Sono questi che permettono di offrire dei servizi di qualità, rappresent­ando il pluralismo di un paese, malgrado non siano attrattivi da un punto di vista commercial­e. L’iniziativa No Billag chiede l’abolizione del canone di ricezione e quindi una forte riduzione delle risorse finanziari­e a disposizio­ne della Ssr e delle Tv locali. In pratica, l’iniziativa chiede alle imprese di radiotelev­isione di finanziare la loro attività solamente con la pubblicità e tramite finanziato­ri privati e gruppi imprendito­riali internazio­nali. L’approvazio­ne dell’iniziativa No Billag segnerebbe così la scomparsa di uno dei più importanti servizi pubblici per la vita politica, sociale e culturale di un paese a democrazia diretta con spiccata vocazione multilingu­ista e multicultu­rale.

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