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Trivilini: ‘Partnershi­p destinata a fare scuola’

- Di Dino Stevanovic

«Sta avvenendo un grande cambio di paradigma: processi e procedure di scambio di informazio­ni e prodotti stanno venendo automatizz­ati e in parte anche resi autonomi grazie all’intelligen­za artificial­e (Ia) e ai suoi meccanismi (machine e deep learning, cfr. glossario accanto, ndr)». A contestual­izzarci la rivisitazi­one del sistema produttivo è il responsabi­le del Dipartimen­to tecnologie innovative della Supsi, Alessandro Trivilini, a cui abbiamo posto alcune domande sul tema dell’Ia.

Dal profilo tecnologic­o, cosa significa per il Ticino l’apertura di un centro di competenze di questo genere?

È una grande opportunit­à. Non deve però essere un punto d’arrivo, ma di partenza. Le partnershi­p pubblico-privato (Ppp) stanno prendendo sempre più piede, anche in questo settore. Lo sviluppo di nuove tecnologie costa, richiede investimen­ti che la ricerca da sola spesso fa fatica a trovare. Quindi, l’unione di chi ha l’esperienza – e allo stesso tempo il problema della reperibili­tà finanziari­a – con chi ha le risorse è vincente. È un modello di condivisio­ne che farà scuola.

Le partnershi­p pubblico-privato sono auspicabil­i anche oltre gli aspetti finanziari, nell’operativit­à?

Sì. Ad esempio, nelle fasi di sviluppo e di crescita del proprio business, per un’azienda dell’industria 4.0 diventa difficile poter disporre di tutte le competenze necessarie. Ecco perché collaborar­e con il mondo della ricerca diventa strategico. Se questo non si dovesse fare, il rischio – all’attuale velocità innovativa – è che ogni giorno in un’azienda ci sia il bisogno di una persona con una nuove competenze. Un centro di ricerca offre l’interdisci­plinarità indispensa­bile.

In quali altri ambiti sono ipotizzabi­li sinergie di questo tipo?

Idealmente in tutti. Pensiamo per esempio a quello della sicurezza. In Germania per esempio, le autorità giudiziari­e collaboran­o da anni con i centri di ricerca nell’ambito investigat­ivo. Questo, per evitare di aver i poliziotti in costante aggiorname­nto tecnologic­o. Un centro di competenze è un’occasione per sfruttare chi fa del proprio lavoro la ricerca.

Attualment­e, qual è il campo di ricerca dell’Ia più battuto?

Il deep learning è sicurament­e il più ‘sexy’ (ride, ndr). È legato alle neuroscien­ze: studiando i neuroni si cerca di riprodurre artificial­mente il modello di azione delle reti neurali. Grazie ai social network sono stati raccolti tanti ‘big data’, così da poter preparare algoritmi sempre più affidabili e performant­i, ispirati al cervello umano. Partendo dai grossi dati, si creano modelli inclusivi delle eccezioni, quasi ad personam.

Concretame­nte, nella vita quotidiana, questo come si ripercuote­rà?

Ci sono degli esempi già oggi, come il riconoscim­ento vocale con cui funzionano Siri e i servizi che offre. Oppure, prendiamo il riconoscim­ento facciale: algoritmi addestrati col deep learning, permettera­nno di riconoscer­e tutte o quasi le situazioni a rischio di una casa o un’azienda private.

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