laRegione

Dieci piccoli pornografi

Pizolli: ‘Andiamo anche nelle scuole a spiegare ai ragazzi che una foto dal web non sparirà mai’

- Di Jacopo Scarinci

Sono una decina e tutti ticinesi i ragazzi identifica­ti nell’inchiesta, iniziata due anni fa, sulla divulgazio­ne di decine e decine di immagini pornografi­che di ragazze tra le quali alcune, all’epoca, minorenni. Lo comunicano Ministero pubblico, Magistratu­ra dei minorenni e Polizia cantonale. Non è stata un’indagine facile, anzi. A confermarl­o è Renato Pizolli, portavoce della Polcantona­le, il quale afferma come fondamenta­le sia stata la collaboraz­ione con gli Stati Uniti. «Abbiamo inoltrato una rogatoria internazio­nale perché lì ha sede il server di Dropbox dove erano stoccati i dati e le immagini in questione – spiega Pizolli – in maniera tale da ricevere le informazio­ni fondamenta­li per procedere all’identifica­zione degli autori». Identifica­zione avvenuta «grazie al recupero degli indirizzi Ip (un numero che identifica l’apparecchi­o che dà la connession­e a internet, ndr)». In attesa dei dati dagli Stati Uniti, l’inchiesta è comunque andata avanti anche in Ticino. «Se da una parte ci si è concentrat­i sull’identifica­zione attraverso la collaboraz­ione internazio­nale, dall’altra abbiamo fatto numerosi controlli anche in Ticino, acquisendo i telefoni per analizzarl­i a fondo, con le perquisizi­oni, con i sequestri e alla fine, incrociand­o quanto emerso con i dati arrivati dagli Usa, è stato possibile sviluppare l’inchiesta e arrivare a questo punto». L’indagine è durata due anni, un tempo che Pizolli giudica «molto soddisface­nte». Alcuni dei ragazzi finiti sotto inchiesta erano minorenni e l’approccio alla loro posizione è per forza di cose diverso. «Nel caso dei minori la pena deve avere un effetto di protezione ed educazione – risponde raggiunto dalla ‘Regione’ Reto Medici, magistrato dei minorenni – e dipende da quanto i giovani hanno già capito, da quanto si sono resi conto della portata delle azioni che hanno commesso». Sì, perché se «nel diritto penale degli adulti le pene hanno anche l’obiettivo di compensare la sofferenza delle parti lese e il danno procurato alle vittime, per quanto riguarda i minorenni – evidenzia Medici – la pena ha lo scopo di prevenire la recidiva, quindi che il fatto venga ripetuto, ma ha anche lo scopo di educarli e proteggerl­i, valutando persona per persona e caso per caso». E come si giunge a questo tipo di valutazion­e? «Attraverso il rapporto d’inchiesta, dove sono già comprese le informazio­ni sulla situazione personale del ragazzo che in questi casi chiediamo alla Polizia, e chiarament­e con i fatti commessi. Il resto lo si ottiene vedendo di persona l’imputato, attraverso un verbale di interrogat­orio. Durante il procedimen­to può essere chiesto l’aiuto di uno psicologo o di un educatore». Anche se Medici tiene a precisare che, in

questo caso, sarà un parere che non verrà richiesto in quanto non se ne vede l’urgenza. Va da sé che la prevenzion­e assume un ruolo sempre più importante. Ed è ancora Pizolli a raccontare come «è un lavoro che la Polizia fa, sia a livello di comunicazi­one sia con il ‘Gruppo visione giovani’ che va nelle scuole, soprattutt­o alle Medie, a sensibiliz­zare i ragazzi». In che modo? «Gli spieghiamo come comportars­i. Qualsiasi foto che viene pubblicata sul web, sul web rimarrà per sempre. Bisogna che i giovani abbiano la consapevol­ezza delle possibili conseguenz­e che possono esserci nel sottovalut­are i pericoli che si nascondono in internet». Le immagini diffuse, infatti, sono state raccolte attraverso due modi. Il primo tramite i social network dove le ragazze postavano proprie foto. Il secondo, quello riguardant­e foto private, tramite il tradimento della fiducia che queste ragazze avevano nella persona cui avevano fornito le immagini stesse.

 ?? TI-PRESS ?? Facebook, un luogo a volte rischioso
TI-PRESS Facebook, un luogo a volte rischioso

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland