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Condannati i due agenti

Sono colpevoli di aver picchiato un ladro mentre lo stavano perquisend­o. Ricorreran­no in Appello Vie di fatto e abuso di autorità i reati ravvisati dal giudice Kraushaar, che gli imputati hanno però continuato a negare. Le versioni discordant­i dei sei col

- Di Samantha Ghisla

In occasione della perquisizi­one, hanno portato il ladro rumeno in uno stanzino della centrale di polizia di Camorino e lo hanno malmenato con alcuni pugni e calci. Non gli hanno inferto colpi tali da recargli lividi o ferite, ma hanno comunque abusato della loro posizione autoritari­a in una situazione che non richiedeva le maniere forti. Lo ha stabilito il giudice Marco Kraushaar al termine di due giorni di processo che vedeva alla sbarra due agenti della Polizia cantonale che si dichiarava­no invece innocenti. La vittima – ha sottolinea­to il giudice – ha sempre fornito racconti coerenti su quanto successo al momento del suo fermo, il 23 gennaio 2015. Lo stesso non si può dire, ha continuato il presidente della corte, sulle dichiarazi­oni fornite dai testimoni, ovvero 6 colleghi degli imputati. «Nei primi verbali alcuni avevano confermato di aver visto i due agenti chiudersi nello stanzino con il ladro», ha spiegato il giudice. Elemento che in seguito è stato ritrattato dai testimoni con giustifica­zioni che ieri il giudice in sede di sopralluog­o ha sconfessat­o (la porta del ripostigli­o non era bloccata e l’angolo del garage non poteva essere confuso con l’altro locale, come invece sostenuto dalla difesa). Dichiarazi­oni incoerenti e non veritiere che hanno fatto ritenere al giudice più attendibil­e la versione del denunciant­e, rappresent­ato dall’avvocata Khouloud Ramella Matta Nassif. La stessa era riuscita a evitare la chiusura del caso appellando­si alla Corte dei reclami penali (Crp) dopo che il procurator­e generale John Noseda aveva in un primo momento decretato l’abbandono del caso. Il presidente della corte non ha però ravvisato il reato di lesioni semplici, come ipotizzato nell’atto d’accusa. Perciò le proposte di pena sono state leggerment­e ridotte: il 33enne è stato condannato al pagamento di 45 aliquote da 130 franchi (pena sospesa per 2 anni) e a una multa di 1’000 franchi. Pena pecuniaria di 35 aliquote da 140 franchi (sospesa per 3 anni) e multa di 1’500 franchi al collega 34enne, già condannato in passato per lo stesso reato. Il legale del 34enne, Brenno Canevascin­i, anche a nome del collega della difesa Andrea Bersani, ha già annunciato di voler impugnare la sentenza in Appello.

La difesa: ‘Bugie a dosi industrial­i’

I due legali chiedevano infatti con fermezza l’assoluzion­e completa dei propri clienti. Passando in rassegna una serie di presunte bugie, la difesa non riteneva attendibil­e la versione del ladro (nel frattempo condannato per alcuni furti ed espulso dalla Svizzera). Il referto medico dell’ospedale riferiva di trauma addominale con dolori al basso ventre: conseguenz­e che secondo Canevascin­i erano riconducib­ili a problemi di salute di cui l’uomo ammetteva di soffrire da tempo e non ai pugni alla schiena e alla testa o al calcio nei testicoli che ha ricevuto dagli agenti. «Bugie a dosi industrial­i» sarebbero dunque state raccontate dall’uomo al solo fine di vendicarsi per il suo fermo mentre stava delinquend­o assieme a due complici. L’avvocata Ramella Matta Nassif ha invece insistito sul fatto che le versioni dei sei testimoni presenti durante l’operazione di polizia non sono state lineari nel tempo. «Una dimostrazi­one di omertà nei confronti dei colleghi», ha detto la legale chiedendo un «congruo risarcimen­to» per il suo assistito.

Magistrato assente

Anche se va detto che spesso in Pretura penale la pubblica accusa non presenzia ai processi, a saltare all’occhio nel corso del dibattimen­to è stata l’assenza del pg John Noseda, titolare dell’inchiesta. «Quando serviva un segnale forte, il sostegno alla vittima da parte dell’autorità pubblica è mancato», ha sottolinea­to la legale dell’accusatore privato. Un’assenza eloquente anche secondo la difesa, ma per un altro motivo. «Risulta difficile per il pg sostenere un’accusa che gli è stata imposta dalla Crp», ha sottolinea­to Canevascin­i.

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TI-PRESS Dopo tre anni la vicenda potrebbe non essere ancora conclusa

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