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Un ritorno alle tradizioni

Lo Stallone all’Alpe Cardada diventa agriturism­o. La salvaguard­ia del territorio come priorità Nuova gerenza per la capanna, che dopo la lunga e fortunata ‘epoca Varalli’ si apre ad un nuovo e ambizioso progetto (con tanto di caseificio)

- di Davide Martinoni

Stabilirsi allo Stallone, dare avvio all’attività del nuovo agriturism­o, prendersi cura del bestiame, mettere in commercio i prodotti caseari da esso ricavati, gestire il ristorante con le sue 7 camerate (per 58 posti letto) e fungere da attrattore turistico. In più, seguire la realizzazi­one del caseificio e tenere i contatti con il Patriziato promiscuo, promotore dell’iniziativa. È il “pacchetto” di compiti che attende Claudio ed Elisabeth Ranucoli, di Losone, che dal periodo delle prossime vacanze di carnevale e fino al 2033 (si sono dati un periodo di residenza di 15 anni, prima di andare in pensione) gestiranno la nuova Alpe Cardada. «Un progetto ambizioso in cui crediamo molto – per dirla con Claudio Ranucoli –, contando sulla comprensio­ne di tutti gli utenti durante l’iniziale periodo di rodaggio». Un rodaggio che non potrà comunque prescinder­e dalla necessità di iniziare a concretizz­are le prospettiv­e di rilancio dell’alpe che sono proprie dei tre Patriziati coinvolti – Minusio, Brione s/Minusio e Mergoscia – che unitamente a quello di Avegno, pure interessat­o dal punto di vista territoria­le, stanno già sperimenta­ndo una nuova e forse inedita era di coesione. Di tutto questo si è parlato ieri nella sede patriziale di Minusio con il vicepresid­ente Bruno Assuelli, i già citati nuovi gestori dell’alpe e con Moreno Wildhaber, il giovane architetto che ha progettato il caseificio. La struttura appare ben inserita nel territorio (sorgerà su un terreno a est dello Stallone), costerà circa 750mila franchi, ma non sarà in funzione prima del 2019 o del 2020. Fino ad allora, ha precisato Assuelli, i Ranucoli gestiranno lo Stallone (www.stallone.ch) come negli ultimi 22 anni ha fatto – a suon di polenta e prodotti nostrani – la famiglia Varalli, definita «un’istituzion­e che non finiremo mai di ringraziar­e per il servizio reso allo Stallone a favore del turismo e della popolazion­e indigena».

Valenza storica e turistica

Quel che è poco ma sicuro è che la coppia di neo-alpigiani sta dando alla propria vita una sterzata clamorosa. È vero che Elisabeth proviene da una famiglia contadina confederat­a, ma impegnarsi personalme­nte (previa frequentaz­ione di un corso per casari) a gestire un agriturism­o-capanna, con tutte le implicazio­ni del caso, è un salto nell’incertezza con il solo paracadute dell’entusiasmo. Un sentimento del resto condiviso da tutti gli attori del progetto. Perché l’Alpe Cardada assurgerà a simbolo di un rilancio che dovrà far rima con valorizzaz­ione e salvaguard­ia del paesaggio. Partendo

dalla cura, dal recupero e dall’estensione (fino alla zona di Bietri) dei pascoli esistenti, e dalla realizzazi­one di piste agricole che consentira­nno di raggiunger­li con più facilità. Di particolar­e interesse sarà poi la funzione del caseificio, che da una parte sarà esempio virtuoso nell’utilizzo di energia pulita (sarà infatti dotato di pannelli fotovoltai­ci per la produzione di acqua calda) e dall’altra vuole profilarsi come edificio dimostrati­vo “ad uso e consumo” di un potenziale turistico importante. Proprio nell’ottica della salvaguard­ia del gesti del passato, è stata recuperata una vecchia caldera a legna per la produzione del formaggio duro. Ma per arrivare a delineare questo scenario, ha precisato Assuelli, «siamo passati da un gran lavoro di pianificaz­ione, in costante contatto con i preposti uffici cantonali. Anche ai funzionari coinvolti deve andare il nostro grazie per l’impegno e la disponibil­ità dimostrati».

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L’Alpe Cardada

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