laRegione

L’ora più buia, e pure un po’ populista

- Di Ivo Silvestro

È, al contempo, la scena migliore e peggiore del film: Winston Churchill che, diretto in parlamento, abbandona l’auto e prende la metropolit­ana dove incontra i londinesi e chiede loro che cosa ne pensano di un possibile armistizio con Hitler, le cui armate ormai controllan­o l’Europa continenta­le e assediano l’esercito britannico a Dunkerque. È certamente un momento di grande cinema, in cui Gary Oldman mostra tutta la sua bravura di attore meritandos­i appieno il Golden Globe come miglior attore drammatico per il ruolo dell’ex primo ministro. Eppure quello è anche il momento in cui ‘L’ora più buia’ di Joe Wright “salta lo squalo”, non tanto perché quella scena nella realtà non è mai avvenuta – dopotutto è un film e le licenze artistiche vanno perdonate o almeno tollerate –, ma per l’idea vagamente populista di un politico che non solo incontra i cittadini, ma chiede loro che cosa fare, con gli applausi di una decina di passeggeri della District line che diventano una sorta di “investitur­a popolare”. Winston Churchill alla fine ne esce come il grillino Di Battista che si consulta con il meccanico e l’edicolante sotto casa per sapere se Roma deve o no candidarsi a ospitare le Olimpiadi (particolar­e da lui raccontato in un suo libro). Escludendo la scena nella metropolit­ana a parte, ‘L’ora più buia’ è, per quanto retorico, un bel film che ricostruis­ce le prime settimane di Winston Churchill alla guida del Regno Unito agli inizi della Seconda Guerra mondiale, durante le quali si ritrova ad affrontare non solo i successi militari di Hitler e il rischio di un’imminente invasione, ma anche le trame del suo stesso partito, con il suo predecesso­re Neville Chamberlai­n (Ronald Pickup) e il suo delfino Halifex (Stephen Dillane) che spingono per negoziare una pace con la Germania nazista, senza dimenticar­e le perplessit­à di Re Giorgio VI (Ben Mendelsohn) che inizialmen­te non nutre alcuna fiducia in Churchill che ai suoi occhi – e agli occhi degli spettatori – è innanzitut­to un anziano lunatico e ubriacone. Già, perché nonostante la retorica il film riesce a evitare di essere un’agiografia di Churchill raccontand­o, a volte impietosam­ente, anche le vicende personali; peccato non riesca a sviluppare del tutto le due figure femminili che lo affiancano, la moglie Clemmie (Kristin Scott Thomas) e la segretaria personale Elizabeth Layton (Lily James).

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Churchill (Gary Oldman) nella metro

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