Per Erdogan la guerra (ri)comincia adesso
Istanbul – Per la Turchia la guerra comincia adesso. La guerra di Recep Tayyip Erdogan contro i curdi, con i quali ha una gran fretta di chiudere i conti. Dopo giorni di minacce contro i “terroristi” del Pyd, ala siriana del Pkk, l’esercito di Ankara è stato schierato alla frontiera settentrionale della Siria e posto in allerta al “massimo livello”. Il capo di stato maggiore Hulusi Akar e quello dei servizi segreti Hakan Fidan sono volati ieri a Mosca, per ottenere il decisivo via libera di Vladimir Putin. Senza il consenso della Russia, che nell’enclave curda di Afrin schiera almeno 300 soldati (e insieme all’Iran è garante della tregua con Assad), l’intervento turco sarebbe di fatto impraticabile. E di mezzo c’è anche un’opposta strategia statunitense che invece fa del riarmo curdo una priorità. A Mosca, la Turchia chiede soprattutto di poter utilizzare lo spazio aereo, ma proprio ieri Damasco ha avvertito: un intervento ad Afrin verrebbe considerato come “un’aggressione” e la Difesa siriana “abbatterà qualsiasi velivolo turco che violerà lo spazio aereo”, ed è difficile che lo possa fare senza l’aiuto russo. Secondo i piani turchi, l’operazione su Afrin prevede un iniziale ingresso via terra, con una copertura di fuoco dell’artiglieria che già circonda l’enclave curda e con l’avanguardia militare schierata in Siria nella zona di “de-escalation” di Idlib. Di fatto, l’artiglieria sta già martellando da giorni le postazioni del Pyd, formalmente in una risposta al fuoco nemico. In una seconda fase, ci sarebbe l’intervento aereo e quindi l’ingresso diretto dei soldati turchi.