Effetto-Kurz sulla Grosse Koalition
Berlino – Mancava soltanto la visita di Sebastian Kurz a rovinare la giornata a Martin Schulz. Il giovanissimo cancelliere austriaco, campioncino della destra amica dell’ultradestra, ha rubato la scena ad Angela Merkel, ma soprattutto sembra avere galvanizzato gli alleati più conservatori della cancelliera tedesca, complicando, se non compromettendo le prospettive di formazione di un governo di Grosse Koalition. Con una Merkel pressata da destra e presumibilmente costretta a prestarvi ascolto, sarà ben difficile per Schulz convincere i delegati al congresso straordinario dell’Spd che una nuova alleanza con la Cdu/Csu non è il diavolo. Tanto più che un sondaggio condotto dall’Istituto Forsa, diffuso ieri, mostra una caduta al 18% del consenso per i socialdemocratici. Cioè ancora più in basso del 20,5% raccolto alle ultime elezioni e già considerato catastrofico. Il leader dei giovani Spd Kevin Kuhnert ne ha subito approfittato: «Il partito deve rinnovarsi, bisogna interrompere il circolo vizioso delle grandi coalizioni», ha affermato, assicurando che non chiederà le dimissioni del leader nel caso in cui vincesse la battaglia del no. Intanto Berlino sembra avere subito il “fascino” del “primo cancelliere austriaco in grado di influenzare il dibattito di politica interna”, come ha scritto ‘Die Welt’. Al suo fianco, la veterana “Mutti”, a 63 anni, è apparsa “vecchia”. E, politicamente, a rischio: Kurz ha ottimizzato il tempo della visita ufficiale per stringere contatti importanti, con Wolfgang Schaeuble, ma soprattutto con quel sottosegretario ambizioso che è Jens Spahn, giovane promessa dei conservatori. Lo stesso politico di cui lo ‘Spiegel’ ha pubblicato una foto nell’edizione del weekend a pranzo con Alexander Dobrindt (il segretario della Csu, che in questi giorni fa di tutto per sconcertare i potenziali alleati dell’Spd), e quello che sembra il regista delle difficoltà attuali: il capo dell’Fdp, Christian Lindner, che ha fatto saltare il tavolo Jamaica. La partita dei falchi che tramano alle spalle di Merkel dipenderà anche dal voto di Bonn.