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Certe volte tentar nuoce

A processo i 4 serbi che volevano rapinare la gioielleri­a Herschmann ma non ci sono riusciti Sopralluog­hi e preparativ­i vari, a più riprese, per finire dritti nelle mani della polizia. Il caso (con l’inquietant­e contorno) da ieri alle Criminali di Locarno

- Di Davide Martinoni

Dal processo iniziato ieri alle Criminali di Locarno (a Lugano) a carico di 4 cittadini serbi accusati di aver pianificat­o (ma non attuato) una rapina alla “solita” gioielleri­a Herschmann di Ascona possiamo estrapolar­e qualche elemento indicativo del mondo che ruota attorno al pendolaris­mo del crimine. Il primo è l’aggiorname­nto in tempo reale dei mandanti – una sorta di non meglio identifica­ta “mafia serba” – rispetto a quanto accade ai loro prezzolati accoliti a oltre 1’000 chilometri di distanza. Infatti, quando l’8 marzo 2017 tre uomini in ricognizio­ne – due imputati più un latitante – erano stati chiusi fuori dalla gioielleri­a e costretti a fuggire, i “capi” lo avevano saputo subito «perché avevano letto i portali». Trattasi evidenteme­nte dei portali di informazio­ne ticinesi, visto che soltanto qui si era parlato in presa diretta dell’accaduto. Un secondo elemento interessan­te, per “insider”, è la gerarchia dei preziosi da piazzare sul mercato nero: i rapinatori erano stati istruiti a razziare soltanto gli orologi Parmigiani e Patek Philippe, perché meglio rivendibil­i e più redditizi rispetto alle altre marche. Un’ulteriore “curiosità”, se così vogliamo definire il dettaglio inquietant­e legato alla rete di contatti e all’organizzaz­ione dei colpi, è come uno degli imputati si fosse procurato la pistola (finta) che avrebbe dovuto servirgli per spaventare le commesse del negozio: «Me l’ha consegnata un serbo che non conoscevo, davanti al Kursaal di Locarno». L’uomo sarebbe residente in Svizzera ed era stato appositame­nte inviato in Ticino dai mandanti per assolvere quel compito, durato non più di una manciata di secondi.

Anche un precedente per omicidio

Questo dunque il contorno. Quanto ai fatti in sé, ripercorsi ieri sotto la regia della giudice Rosa Item, nulla di particolar­mente clamoroso da rilevare. A vario titolo e a frequenza variabile gli imputati avevano effettuato più sopralluog­hi per capire quale fosse il contesto in loco: una prima volta appunto ad inizio marzo, poi ancora in giugno e infine in luglio, il 18, quando però tre di loro non avevano fatto nemmeno in tempo a mettere piede ad Ascona che erano stati fermati, interrogat­i e poi rinchiusi prima nel carcere giudiziari­o della Farera (fino al 28 settembre) e poi alla Stampa per l’esecuzione anticipata della pena; il quarto, e più giovane del gruppo, era invece rimasto impigliato nelle maglie della giustizia già il 19 giugno, quando era stato inviato appositame­nte da Belgrado in aereo per verificare se, come si supponeva, davanti alla gioielleri­a fosse stato messo un agente di sicurezza. A carico dei 4 (di età compresa fra i 22 e i 37 anni) il procurator­e pubblico Paolo Bordoli, titolare dell’inchiesta, ha chiesto pene comprese fra i 30 mesi da espiare e i 9 mesi sospesi per 3 anni. La pena più pesante il magistrato l’ha riservata al meno giovane del quartetto, gravato di diversi precedenti penali in Svizzera, Germania e Serbia, di cui uno commesso da giovanissi­mo e di particolar­e gravità: l’omicidio a colpi d’arma da fuoco di un uomo che in banda lo aveva aggredito con delle spranghe di ferro. Questo, per dire cosa può riservare la vita a chi poi si ritrova in un’aula di tribunale a rispondere di reati come la rapina. Un lavoro da “minimo sindacale” – ma non per questo non curato nei dettagli – è stato portato in aula dagli avvocati difensori Francesca Nicora, Marco Garbani, Patrick Fini e Cristina Clemente, che in tempi ristretti – circa un quarto d’ora di arringa a testa – hanno cercato di portare all’attenzione della Corte elementi utili ad erodere i tempi di carcerazio­ne rimanenti ai loro assistiti, che già 6 mesi li hanno scontati. Dopo circa 2 ore di camera di consiglio il collegio giudicante, composto anche dai giudici a latere Werner Walser e Matea Pessina, ha comunicato che la sentenza, prevista in un primo momento già ieri a partire dalle 18.30, verrà emessa soltanto oggi dalle 8.30.

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RESCUE MEDIA Otto marzo 2017, qualcosa va storto per i potenziali rapinatori

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