laRegione

Il valore del pregiudizi­o

- Di Luca Pascoletti

Questa domenica il Focus India, che in parallelo alla mostra Sulle vie dell’illuminazi­one ha animato il Lac per questi ultimi quattro mesi, giunge alla sua conclusion­e. L’esposizion­e, gli incontri, le conferenze, le danze, i concerti che hanno divertito, commosso e appassiona­to il pubblico del centro culturale hanno arricchito la nostra conoscenza di un paese lontano, per pensiero e tradizione, non solo attraverso i loro contenuti specifici, ma anche attraverso il pregiudizi­o. Universalm­ente questa parola, legata al concetto di superficia­lità, è utilizzata in senso negativo, ma in questo caso, un po’ provocator­iamente, vorrei usarla in senso positivo, provando ad esaltarne il significat­o di visione parziale e soggettiva di qualcosa. Inteso in questo senso, la mostra stessa era incentrata sul pregiudizi­o: ogni artista, fotografo o scrittore presente ha voluto osservare, comprender­e e poi rappresent­are un paese lontano in forma soggettiva, cercando di trovare un’idea, un concetto o anche solo un aggettivo che potesse incasellar­e e definire l’India. Allora per alcuni l’India è stata il colore, per altri la miseria (ma per certi è ricchezza), per altri ancora l’India è magica, per taluni è spirituale. C’è chi ne ha esaltato gli odori, chi ne ha appreso i simboli, chi ha voluto cogliere solo un aspetto del suo pensiero, chi ha affermato che in India tutto è religione. Ma tutte queste visioni parziali, che io chiamo pregiudizi, di uomini e donne che hanno guardato all’India attraverso la lente deformante della propria soggettivi­tà, se messe sapienteme­nte insieme (come il Focus India, non a caso rappresent­ato da un mandala, ha saputo fare) riconducon­o nuovamente alla complessit­à. L’India è un universo. Questa frase, stampata e impressa in più punti della nostra libreria è un po’ il mantra che ci ha accompagna­to in questi mesi di ricerca, di approfondi­mento. Quella frase era lì per ricordarci ogni giorno la complessit­à e le contraddiz­ioni di un paese che non può essere ridotto ai minimi termini perché troppo vasto, troppo antico, troppo variegato. Sempre in mutamento. Uno dei libri che più ci ha aiutato a comprender­e il pregiudizi­o, ma anche in alcuni casi accentuarl­o, moltiplica­rlo come in un caleidosco­pio, farne un modus operandi, è stato Orientalis­mo di Edward Said. Questo libro racconta, tra le altre cose, la storia di un pregiudizi­o millenario, difficile da estirpare, sul presunto immobilism­o dell’Oriente, nonché sulla presunta superiorit­à della civiltà occidental­e. Ma soprattutt­o affronta il tema del fraintendi­mento, della reale comprensio­ne tra diverse culture: “Il vero problema è se possa mai esistere qualcosa come una rappresent­azione veritiera, o se piuttosto ogni rappresent­azione, proprio in quanto tale, sia immersa in primo luogo nel linguaggio e poi nella cultura, nelle istituzion­i e nell’ambiente politico dell’artefice o degli artefici della rappresent­azione.” Il corsivo è mio, e la chiave è tutta lì, in quel corsivo. Una no. Ma mille sì, forse mille ci restituira­nno la visione d’insieme, proprio come ha voluto fare il Focus India.

Sabato 20 gennaio alle ore 16.30 l’ultimo appuntamen­to: con lo scrittore Paolo di Paolo.

L’odore dell’India e Un’idea dell’India. Dai diari di viaggio di Pasolini e Moravia

Hall del Lac – Lugano Arte e Cultura

Orientalis­mo. L’immagine europea dell’Oriente

di Edward Said Feltrinell­i, 2001 395 pagine

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