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Brahms letto da Poschner: una vittoria

- Di Enrico Colombo

Segue da pagina 18 (...) Brahms-Institut di Lubecca. Affrontare un repertorio tra i più presenti nelle sale da concerto è una scommessa, che penso Markus Poschner abbia clamorosam­ente vinto: molti melomani potranno serbare la sua registrazi­one tra quelle di riferiment­o. Alcune sue scelte sono state ispirate dalla mitica Hofkapelle di Meiningen, che aveva un organico simile a quello dell’Osi, dal suo direttore Fritz Steimbach, stimati da Brahms e primi esecutori nel 1885 della quarta Sinfonia. L’interpreta­zione di Poschner si mantiene in costante equilibrio fra introversi­one cameristic­a ed estroversi­one sinfonica, cura la trasparenz­a delle singole voci senza rinunciare alla magniloque­nza dei tutti. La sua agogica è coinvolgen­te, la scelta libera dei tempi chiama gli esecutori a una maggior attenzione e tiene desta la mente degli ascoltator­i. La registrazi­one dà risalto ai gesti, ma soprattutt­o all’espression­e del viso del direttore, porta in primo piano le eccellenti prime parti dell’orchestra e riesce anche a rendere il virtuoso equilibrio raggiunto fra gli archi e i fiati. L’orchestra impiega particolar­i timpani e tromboni per una ricerca di sonorità, assolutame­nte da non confondere con le smanie filologich­e che affogano l’interpreta­zione nei pettegolez­zi storici. Poschner ha paragonato questo lavoro al restauro di un quadro antico, dove aggiunte o correzioni volute da sensibilit­à diverse di epoche successive vengono rimosse. Ma, va ricordato, la biografia di Brahms rivela poco delle sue idee musicali ed è giusto che ognuno le interpreti secondo la sensibilit­à del suo tempo. Alla presentazi­one del cofanetto Denise Fedeli ha detto qualcosa di importante: questo non è un punto di arrivo, ma di partenza. Parole sante. Abbiamo un’orchestra eccellente, formata di strumentis­ti arrivati da quattro continenti, ambita da direttori come Markus Poschner, in grado di assicurarc­i una stagione concertist­ica degna di un paese di elevata cultura musicale. Sembra un’anomalia piacevole in una Svizzera italiana afflitta da sindrome di “prima i nostri”.

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