laRegione

Un secco e convinto No a ‘No Billag’

- Di avv. Diego Scacchi

Ancora una volta il prossimo 4 marzo il popolo svizzero sarà confrontat­o a un esercizio di democrazia diretta avvelenato. L’iniziativa popolare “No Billag”, al di là di un titolo come spesso succede fuorviante, chiede sempliceme­nte di abolire il servizio pubblico nel contesto dei mass media elettronic­i. Il testo è assolutame­nte chiaro: stabilisce che la Confederaz­ione non può sovvenzion­are emittenti radiofonic­he e televisive e quindi non può riscuotere il canone. Le concession­i per la radio e la television­e saranno messe all’asta periodicam­ente dalla Confederaz­ione. Si tratta di un attacco diretto e senza vie d’uscita al servizio pubblico e questo in un momento in cui in altri settori ci si mobilita proprio a difesa di quel servizio che con gli anni ha continuato a perdere di valore, il tutto a carico del cittadino che si vede costretto ad assumersi gli oneri di privatizza­zioni palesi o nascoste che minano la fiducia della gente nelle istituzion­i (valgono per tutti le chiusure degli sportelli postali decisi dalla direzione della Posta). Nel caso di “No Billag” le conseguenz­e saranno devastanti: - Nel settore dei mass media elettronic­i viene a cadere il concetto di coesione nazionale che ha salvaguard­ato finora la difesa delle minoranze, un concetto fondamenta­le nel nostro sistema istituzion­ale che non permettere­bbe più di dare risposte alle problemati­che fondamenta­li del paese in un contesto di un federalism­o che si vuole costruttiv­o. Si tratta quindi di un attacco alla democrazia diretta proprio in un momento in cui gli stessi ambienti che sostengono l’iniziativa sono i medesimi che chiedono e dicono di ascoltare la voce del popolo. - Oggi, per legge, la Ssr deve informare la popolazion­e in modo indipenden­te: né i privati né le autorità possono quindi influenzar­e i contenuti delle trasmissio­ni. La Ssr è anche obbligata a offrire contenuti equivalent­i e variati in tutte le lingue nazionali: regole fondamenta­li che non saranno più valide con l’applicazio­ne dell’iniziativa. - Verranno soppressi migliaia di posti di lavoro che non potranno essere garantiti alle stesse condizioni dai privati che si aggiudiche­ranno le concession­i. La commercial­izzazione del settore avrà quale conseguenz­a diretta che gli interessi privati prevarrann­o sempre su quelli pubblici. - Conseguenz­e ancora peggiori per la Rsi che perderebbe più di 200 milioni di canone (il 21,8% del totale a fronte del 4,5% che viene incassato), più di 1’100 posti di lavoro in un settore altamente specializz­ato e quindi di difficile occupazion­e alternativ­a. Tutto questo senza tener conto che, secondo l’istituto Bak di Basilea, un contributo di 1 franco genera 1,42 franchi di valore aggiunto per l’economia svizzera. - Oltre alle reti Ssr saranno colpite anche 13 television­i regionali (fra cui Teleticino) e 21 radio locali (fra queste Radio 3i e Radio Fiume Ticino) che rischiereb­bero la chiusura immediata. Un vero terremoto che avrà come conseguenz­a solo dei potenti canali di distribuzi­one internazio­nali che se ne faranno un baffo delle minoranze, della cultura, della politica regionale. Tutto questo per cosa? Per far risparmiar­e alla “nostra gente” 451 franchi all’anno di canone radiotelev­isivo che a partire dal prossimo anno si ridurranno a 365 franchi, ossia 1 franco al giorno. Dando per scontato che la radiotelev­isione privata sarà gratuita il che è una bugia e una manipolazi­one degna del più abile manipolato­re della realtà. Incontro Democratic­o ricorda che i suoi valori restano il contributo per uno sviluppo di un Ticino moderno, che ribadisca con forza i principi dello stato di diritto, del rispetto dei diritti fondamenta­li e sociali garantiti dalla Costituzio­ne, della laicità dello stato, del primato della scuola pubblica, di uno sviluppo effettivam­ente sostenibil­e, per sostenere il ruolo dello stato come elemento forte di riequilibr­io delle disuguagli­anze sociali e territoria­li e come motore di sviluppo della comunità ticinese, per sostenere la visione di una società aperta, multicultu­rale e coesa. Solo una radiotelev­isione pubblica forte potrà garantire che questi obiettivi per una società migliore e garante dei diritti di tutti i cittadini possano essere raggiunti. Sono valori che vanno ben al di là dei 400 e rotti franchi di canone che vengono chiesti alla popolazion­e per garantire un servizio pubblico necessario allo sviluppo armonico di una società che ha bisogno di concretezz­a e non di proclami populistic­i che lasciano il tempo che trovano.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland