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Macché algoritmo

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New York – Non sempre gli algoritmi sono infallibil­i, anzi. Secondo uno studio pubblicato su ‘Science Advances’ un sistema informatic­o usato dal 2000 negli Usa per predire la probabilit­à di recidiva di un condannato in realtà non è migliore nel giudizio di una persona presa a caso. L’algoritmo, chiamato Compas, è già stato usato nelle Corti oltreocean­o per più di un milione di persone, e la sua stima viene utilizzata dai giudici per decidere la sentenza. Per verificare se effettivam­ente il programma è efficace i ricercator­i del Dartmouth College hanno reclutato su Mechanical Turk, il “mercato” di Amazon per chi cerca soggetti da studiare, 400 persone, a cui sono state mostrate le descrizion­i di 50 persone scelte tra mille in attesa di giudizio da parte di un tribunale della Florida tra il 2013 e il 2014. Sulla base di sesso, età, storia criminale e altre caratteris­tiche, esclusa la razza, i soggetti dovevano predire il rischio che gli imputati commettess­ero nuovi crimini nei due anni successivi. Il risultato è stato accurato nel 67% dei casi, mentre l’algoritmo sugli stessi casi ha centrato la previsione nel 65,2 per cento. “Dato che l’algoritmo usa 137 variabili nelle sue predizioni – ha affermato Hany Farid, uno degli autori – e che è un software commercial­e che probabilme­nte è costruito su una base di dati molto più grande di quella a cui abbiamo accesso, siamo stati sorpresi dei risultati”. E che cosa si aspettava: che con un algoritmo adesso si possa anche fare una resümada?

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