‘Frontalieri? No: il vero problema sono i salari bassi’
Alessandro Tarpini si è dimesso dall’incarico di presidente del Consiglio sindacale interregionale (Csi) Lombardia, Piemonte e Canton Ticino, avendo scelto una diversa esperienza territoriale. Tarpini sarebbe dovuto rimanere in carica sino alla fine di quest’anno. La reggenza è nelle mani di Sergio Aureli (Unia) e Alfredo Puglia (Ocst) entrambi vicepresidenti. Per il biennio 2019-2010 è già prevista la presidenza Aureli, stretto collaboratore di Vieri Ceriani, nella stesura del sistema fiscale dei frontalieri che verosimilmente sarà firmato entro l’anno, anche se rischia di diventare un ennesimo ostacolo la nuova iniziativa dell’Udc per l’abolizione della libera circolazione delle persone. La reazione dei sindacati nelle parole di Aureli: «Se è vero che ci sono lavoratori che accettano salari sotto il minimo vitale in Ticino è altresì vero che ci sono datori di lavoro furbi che questi salari li propongono. Non tutte le professioni sono coperte da un contratto collettivo e da minimi salariali di categoria». Un’assenza che, stando al sindacalista di Unia, «impedisce di fatto che la concorrenza tra la manodopera si faccia attraverso le reali competenze e le prestazioni professionali». E questo, per Aureli, non capita a caso: «Udc, leghisti e gli altri partiti di maggioranza trovano più conveniente attaccare chi accetta salari cosiddetti da dumping salariale, piuttosto che attaccare quei datori di lavoro che sfruttano la necessità dei salariati di aver bisogno di lavorare. Soprattutto attaccano – prosegue il sindacalista di Unia – ma concretamente non fanno nulla a livello parlamentare per ovviare a questi sfruttamenti. Ovvero non avanzano nessun decreto legge che imponga Ccl e minimi salariali». In conclusione per il vicepresidente del Consiglio sindacale interregionale si sarebbe in presenza di «una politica liberista che trae il massimo profitto conducendo gli elettori a pensare che il problema sia la nazionalità e non la proprietà del capitale. E purtroppo gli elettori rischiano di cadere in questa trappola perché è pur sempre più facile prendersela con i più deboli che con i più potenti, vale a dire i datori di lavoro».