Ankara fa la guerra ai curdi in Siria
Ankara – La Turchia è tornata in Siria. L’annunciata offensiva via terra contro l’enclave curda di Afrin, è cominciata ieri, preceduta da due giorni di bombardamenti e raid aerei, confermando quanto erano diverse le agende dei protagonisti dell’intera crisi. Avendo dovuto ingoiare il rospo di un Assad rimasto al potere, Recep Tayyip Erdogan non ha voluto rinunciare a regolare i conti con le formazioni curde alleate dell’arcinemico Pkk. Obiettivo strategico dell’offensiva, la formazione e il controllo di una zona cuscinetto profonda una trentina di chilometri, tra Siria e Turchia. In territorio siriano, e senza chiedere permesso, naturalmente. Dopo l’annuncio, in mattinata, dell’avvenuta conquista di Afrin, da parte di media ufficiali turchi, è arrivata una smentita dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) e dalle Forze democratiche siriane (Fds), dominate dalla milizia curda Ypg e alleate degli Usa nella lotta contro l’Isis in Siria. L’attenzione è naturalmente centrata ora su Erdogan, che ha messo in guardia i curdi dal protestare contro le operazioni militari. In caso contrario, ha minacciato, “pagheranno un prezzo alto”. Ma le piazze di Istanbul e Ankara, nel pomeriggio, si sono riempite ugualmente e la polizia ha arrestato una dozzina di persone. L’offensiva contro i curdo-siriani rischia di riattivare l’incendio in Siria. Gli Stati Uniti hanno reagito blandamente, invitando Ankara alla moderazione e a “evitare scrupolosamente vittime civili”. Un modo poco elegante per scaricare quei curdi che hanno costituito la “fanteria” dell’alleanza a guida statunitense nel conflitto contro l’Isis. E già sabato anche la Russia aveva ordinato ai suoi militari di ritirarsi dall’area per “prevenire possibili provocazioni”; mentre l’Iran, attraverso il viceministro degli Esteri Hossein Jaberi Ansari, aveva condannato l’azione militare parlando di conseguenze negative. Ma Erdogan, quando si tratta di curdi, non guarda in faccia nessuno. E gli altri la faccia la girano. I curdi si arrangino.