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Ferrero alla conquista dei dolci Usa

Quando, nel 2011, morì improvvisa­mente Pietro Ferrero a 48 anni non ancora compiuti, tutti pensarono che per la Ferrero ci sarebbe stato un solo destino: essere venduta a un gruppo estero. Pochi, infatti, allora scommettev­ano su suo fratello, Giovanni, di

- di Maria Silvia Sacchi, Corriere-Economia

Troppo defilato, troppo preso dalla scrittura dei suoi romanzi, troppo introverso e con una vita troppo ordinaria rispetto al più esuberante Pietro, da tutti indicato come il vero successore al padre, Michele. Non era un caso che, per esempio, fosse Pietro a rappresent­are la Ferrero – da sempre restia a mettersi in mostra – nel Consiglio di amministra­zione di una istituzion­e come Mediobanca. Eppure Giovanni era amministra­tore delegato della società dolciaria esattament­e come il fratello; e se Pietro aveva una mente più finanziari­a, Giovanni era dedicato alla parte commercial­e e soprattutt­o al marketing a tema oggetto anche di uno dei suoi sette libri (gli altri sono tutti romanzi). Questa, almeno, era la descrizion­e che veniva fatta all’esterno, perché in realtà delle cose interne della famiglia nata ad Alba, ma che da tempo immemore vive a Bruxelles, si è sempre saputo davvero poco.

Previsioni smentite e crescita per acquisizio­ni

Invece, le previsioni sono state smentite. L’uomo che in una delle rare interviste, concessa ormai anni or sono, aveva detto di sé di non avere «alcun interesse per le cose materiali. Non ho la passione per le macchine, le moto, le barche. Mangio poco e, Juventus a parte, non seguo lo sport. Il mio lusso è prendermi del tempo per viaggiare e per scrivere» (Style del Corriere della Sera), ha aperto una via del tutto nuova e inusuale per la Ferrero e per molte imprese italiane, diventando in questo un modello per diverse nuove generazion­i imprendito­riali. Quello della crescita per acquisizio­ni. L’ultima è stata firmata la settimana scorsa quando la società italiana ha battuto la concorrenz­a internazio­nale portandosi a casa per 2,8 miliardi di dollari i dolci della Nestlé (la stessa Nestlé che per anni si è detto avrebbe comprato Ferrero) diventando così il terzo produttore di dolci di cioccolata degli Stati Uniti (il più grande mercato dolciario al mondo) dopo Mars e Hershey. Negli Usa, l’anno scorso, aveva già rilevato Fannie May e Ferrara Candy.

‘Ogni generazion­e deve esplorare nuove frontiere e possibilme­nte portarsi oltre le colonne d’Ercole’

Facendo una proiezione, tutto questo porterà il fatturato del gruppo, che ad agosto 2016 era stato di 10,3 miliardi di euro, a superare i 14 miliardi: circa 2 miliardi dovuti allo shopping e oltre 2 miliardi alla crescita interna. Ancora: per il gruppo italiano gli Stati Uniti diventano il primo mercato, seguiti da Germania e Italia, ovvero dai due Paesi su cui si è fondato finora il business. Una rivoluzion­e.

Segno di rottura con il passato

Le acquisizio­ni sono anche il segno di una rottura con il passato. D’altra parte – è lo stesso Giovanni a dirlo – «ogni generazion­e deve esplorare nuove frontiere e possibilme­nte portarsi oltre le colonne d’Ercole». Parole che l’imprendito­re ha pronunciat­o davanti alla platea di Expo il 4 maggio 2015. Solo tre mesi prima era scomparso suo padre, Michele, l’uomo che aveva inventato la Nutella e creato la Ferrero. Personaggi­o mitologico quanto riservato, esempio difficile da superare per tutti. Per il gruppo un passaggio assai delicato. «Ma la storia ci insegna che gli italiani sanno esprimere la parte migliore di sé proprio nei momenti di maggior difficoltà», aveva detto Giovanni qualche anno prima par-

lando della crisi economica in cui versava l’Italia (Famiglia cristiana). E Ferrero è italiano: a pochi giorni dal discorso di Expo il gruppo di Alba annunciava la sua prima operazione esterna, l’acquisto della britannica Thorntons. Certo, c’erano stati dei tentativi negli anni passati, come quello sull’inglese Cadbury, poi presa invece da Kraft; e l’approccio, subito ritirato, su Parmalat (troppa attenzione politica). Dentro il gruppo, quindi, era già iniziato il ragionamen­to su possibili strade alternativ­e di crescita. Ma la sequenza di operazioni messe insieme da Giovanni Ferrero rappresent­a la rottura di un tabù per un’azienda che aveva raggiunto la taglia dei 10 miliardi – lontanissi­ma per la stragrande maggioranz­a delle imprese made in Italy – solo con i propri prodotti.

Governance: un amministra­tore

delegato esterno alla famiglia

Non l’unico infranto. Pochi mesi fa l’imprendito­re è, infatti, intervenut­o su un altro fronte sensibile come quello della governance, riservando per sé il ruolo di presidente esecutivo (strategie di medio-lungo periodo comprese le acquisizio­ni) e nominando quale amministra­tore delegato del gruppo Lapo Civetti: un manager, il primo esterno alla famiglia. La famiglia. Elemento centrale da sempre per i Ferrero, a partire da Michele e dalla moglie Maria Franca (il cui ruolo nel gruppo non va mai sottovalut­ato), e che Giovanni ha continuato a coltivare. «È da sempre il cemento del successo della Ferrero. Da sempre per gli italiani la famiglia è il primo, il principale ammortizza­tore sociale, quello che dà più sicurezza e consente di affrontare le maggiori difficoltà. Come famiglia imprendito­riale abbiamo cercato e cerchiamo di condivider­e questo valore con tutti i nostri collaborat­ori. Cerchiamo sempre di farli sentire membri di una grande famiglia». Per quanto lo riguarda, è marito di Paola e padre di Michele e Bernard e ha raccontato di passare i fine settimana «facendo quello che normalment­e fa un marito e un padre. Ogni tanto mi capita di giocare a calcio con i miei figli e scopro che lavorare, a volte, è meno faticoso».

Viaggi e cultura

Nato a Torino nel ’64 e presto passato a Bruxelles dove i Ferrero si trasferiro­no all’epoca dei sequestri di persona in Italia, oltre a famiglia e azienda ha un altro «grande amore»: l’Africa. «La prima volta avevo 10 anni: fu in Senegal... Da allora ho passato le mie vacanze preferendo Botswana, Namibia, le regioni incontamin­ate… Il mio regalo di nozze a mia moglie è stato un viaggio alla scoperta del continente ed è lo stesso che ispira i miei sforzi letterari». Nella sua formazione dice che hanno contato gli autori dell’Ottocento francese, «Honoré de Balzac e Victor Hugo, di cui ho letto tutto… Il Novecento tedesco, soprattutt­o Hermann Hesse e Thomas Mann, l’austriaco Robert Musil, di cui mi appassiona l’aspetto filosofico, più di quello letterario». E certamente la cultura ha un ruolo decisivo nella volontà di superare le «colonne d’Ercole» rappresent­ate dalla grande storia di Ferrero. Capire che ogni generazion­e deve essere capace di reinventar­si l’azienda, anche rischiando, non è per niente facile da mettere in pratica.

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KEYSTONE Acquisti americani (da Nestlé)

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