L’ultima mossa di Disney
Via Facebook e via anche Twitter. L’ultima mossa del colossal Disney è stata quella di far fuori il fondatore e ceo di Twitter Jack Dorsey e la numero due di Facebook Sheryl Sandberg dal board.
Una strategia del gruppo che è anche un segno del nuovo clima che si respira nel mondo dei media e del tech: con i contenuti che diventano sempre più importanti, la tregua tra i big della Silicon Valley e di Hollywood è finita. In palio c’è la nostra attenzione. Quindi il nostro tempo. Quindi i nostri soldi (e i nostri dati, altra fonte di utili). E i big non vogliono dividersi il bottino. Certo, questo Disney non lo ha detto. Non ha nemmeno detto che buttava fuori i due membri del board: la multinazionale ha semplicemente eliminato i due dalla lista dei consiglieri candidati a essere rieletti l’8 marzo. La spiegazione è arrivata tramite una nota: «Vista l’evoluzione del gruppo e delle società in cui sono coinvolti, è diventato sempre più difficile evitare conflitti di interesse». Dorsey era nel Cda dal 2013, Sandberg dal 2010. Entrambi erano già legati a doppio filo alle aziende per cui lavorano: Dorsey aveva fondato Twitter (anche se nel 2010 ne era solo presidente senza diritto di voto), Sandberg a Facebook era approdata solo due anni prima ma era già in piena ascesa. A essere cambiati, nel frattempo, sono i loro ruoli (lui è ritornato a guidare il gruppo, lei è diventata il braccio destro del fondatore) ma soprattutto le strategie delle tre aziende. Disney in testa.
Servizi streaming online
La società si sta preparando da tempo a entrare nell’arena dei servizi di streaming online. Considerare le sue mosse (come l’acquisizione della Fox, ufficializzata alla fine dell’anno scorso: un’operazione da circa 60 miliardi di dollari) come un tentativo di arginare il successo di Netlifx sarebbe riduttivo. La piattaforma è sì, in senso stretto, la sua principale concorrente: produce e diffonde film, programmi e serie tv in streaming. Ma ormai i video non sono più appannaggio dei media. In campo sono scesi anche i social, che da un lato hanno iniziato a spingere sui video e dall’altro hanno fornito agli utenti gli strumenti per creare i propri.
Nuove abitudini
Prima delle Story (insieme di video e immagini che possono essere pubblicate dagli utenti e condivise in diretta, inventate da Snapchat e poi copiate da Instagram e Facebook) chi voleva dei contenuti video originali e personali non aveva altra scelta che cercare su YouTube.
‘Siamo sempre più abituati a inventarci il nostro palinsesto e a fruirne quando ci pare. Nuove abitudini delle quali i big sono obbligati a tener conto’
E chi voleva produrre e contare su un largo bacino di utenti doveva usare la stessa piattaforma. Oggi bastano pochi tap sullo smartphone e chiunque può guardare i contenuti di chi segue oppure pubblicarne di personali. Il risultato? Siamo sempre più abituati a inventarci il nostro palinsesto e a fruirne quando ci pare, in coda alla posta o mentre aspettiamo il bus. Nuove abitudini (che nascono e privilegiano i social) delle quali i big sono obbligati a tener conto. In Italia, per esempio, secondo l’ultimo rapporto di We are social, l’89% dei cittadini connessi (circa 39 milioni) guarda ancora la tv tradizionale. Ma in questa platea il 20% registra su decoder e guarda in un secondo momento, il 10% usa i servizi on demand, l’11% quelli di streaming e il 13% usa lo streaming su dispositivi diversi dalla televisione. Intanto Facebook e Twitter sono entrati a gamba tesa anche in ambiti più tradizionali: a settembre il primo ha
lanciato Watch, una piattaforma interna al social e dedicata ai video, a maggio il secondo ha annunciato una serie di nuove collaborazioni per nuovi contenuti live. A metà gennaio, inoltre, Mark Zuckerberg ha annunciato la modifica dell’algoritmo di Facebook: nella scelta di cosa apparirà agli utenti saranno privilegiati i contenuti di amici e familiari, mentre finiranno in secondo piano pubblicità, sponsorizzati e più in generale i post delle fan page di media e aziende. Una decisione sgradita agli investitori che temono un calo degli utili (il titolo ha perso il 4,4% dopo l’annuncio, facendo perdere al fondatore più di tre miliardi di dollari del suo patrimonio personale) ma che, secondo gli analisti, si rivelerà vincente sul medio e lungo termine: gli oltre due miliardi di utenti, sommersi da post «aziendali», rischiavano di diventare troppo passivi e di disertare la piattaforma. A tornare in primo piano, soprattutto con il cambio di passo del social, è il contenuto. E pazienza se Facebook si sfila dal ruolo di media per essere di nuovo «solo» un social: la guerra per l’attenzione degli utenti è una sfida ancora diversa. Cambieranno gli equilibri tra Hollywood e Silicon Valley e gli incroci che fin qui abbiamo conosciuto saranno messi alla prova: Bob Iger, presidente Disney, è anche membro del board di Apple (che, secondo diversi rumor, sarebbe interessata ad acquisire Netlifx); Reed Hastings, patron di Netflix, siede nel board di Facebook. Di Sandberg si era parlato come di un possibile successore di Iger, che d’altra parte avrebbe dovuto lasciare quest’anno per andare in pensione ma ha rimandato per guidare la trasformazione dopo l’acquisizione di Fox.