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Riciclaggi­o di denaro, Como prima nelle denunce

La provincia lariana si conferma nella lista stilata da Banca Italia, GdF e Dia

- Di Marco Marelli

È quella di Como a guidare la classifica delle province italiane che nel 2016 hanno generato il maggior numero di segnalazio­ni di riciclaggi­o di capitali provenient­i da attività controllat­e dalle organizzaz­ioni criminali. Alle spalle della provincia lariana troviamo Varese, Imperia, Verbano-Cusio-Ossola, Rimini, Milano, Napoli e Prato. Una tendenza che conferma l’andamento registrato dal 2009 in avanti. E il primato non a caso da sempre appartiene a Como. Lo deve alla vicinanza con il Canton Ticino. È quanto si legge in una accurata analisi finanziari­a redatta da Uif (Unità di informazio­ne finanziari­a della Banca d’Italia), Nspv (Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza) e Dia (Direzione investigat­iva antimafia). Analisi elaborata dall’Ufficio studi Cgia (Associazio­ne artigiani piccole imprese) di Mestre. Con 278 segnalazio­ni di riciclaggi­o ogni centomila abitanti, la provincia di Como precede Varese (260 segnalazio­ni), Imperia (244), Verbano-Cusio-Ossola (242). Le segnalazio­ni sospette sono state “denunciate” soprattutt­o da parte di intermedia­ri finanziari (per l’80 per cento banche e uffici postali) e da liberi profession­isti, società finanziari­e e assicurazi­oni. Tra il 2009 e il 2016 le segnalazio­ni di riciclaggi­o a livello nazionale sono aumentate di quasi il 380 per cento, per un ammontare di 88 miliardi di euro. Come si spiegano questi ultimi dati? «I gruppi criminali hanno la necessità di reinvestir­e i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidar­e il proprio consenso sociale» afferma Paolo Zabeo, coordinato dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre la cui ultima elaborazio­ne – resa nota negli ultimi giorni – conferma che l’economia delle attività illegali, prima fra tutte lo spaccio di droga, non conosce crisi ed è sempre in forte espansione, grazie anche alla disponibil­ità di ingentissi­mi capitali che, secondo il procurator­e Francesco Greco, capo della Procura di Milano, oltre che nelle banche italiane sarebbero in buonissima parte nascosti nelle cassette di sicurezza di Lugano o da lì transitati verso altri lidi più sicuri. Stando a uno studio della Banca d’Italia, del Nucleo speciale di Polizia valutaria e della Procura del capoluogo lombardo oltre un terzo delle banconote da 500 euro in circolazio­ni – pari a 100/120 miliardi di euro – è nelle mani della criminalit­à organizzat­a, in primis la ’ndrangheta. Una montagna di soldi occultata in riva al Ceresio, nelle cassette di sicurezza, che attraverso la ‘Voluntary disclosure’ bis si è cercato di far emergere. Per quanto le riemersion­i registrate dall’Agenzia delle Entrare si contano sulle dita di una mano. Il che vuol dire un cambiament­o di tendenza rispetto al passato che segnala come i capitali, illegali o meno, stiano seguendo flussi e riflussi adeguati alla contingenz­a.

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