Nessuno sfugge a Mueller
Anche i direttori dei servizi di intelligence Usa interrogati dal procuratore speciale sul Russiagate
L’inchiesta si avvicina alla Casa Bianca. Trump preme per un repulisti nell’Fbi. Wray comincia ad accontentarlo.
Washington – Robert Mueller stringe i tempi e soprattutto il cerchio attorno alla Casa Bianca. Nessuno nell’Amministrazione può ormai “dirsi al sicuro”. Neppure Donald Trump. Il procuratore speciale per il Russiagate sta convocando quadri e dirigenti delle agenzie federali (ultimo, per ora, il direttore della Cia Mike Pompeo), uomini della campagna e dello staff presidenziale, senza troppi riguardi, per ricostruire non soltanto le eventuali ingerenze russe sulla campagna presidenziale statunitense, ma anche, forse soprattutto, gli ipotetici tentativi di Trump di occultarne le prove, una volta alla Casa Bianca. Gli interrogatori hanno conosciuto una accelerazione, in vista di una convocazione dello stesso presidente nelle prossime settimane. Entro fine mese, secondo la Nbc, toccherà all’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon. Nel frattempo sono già stati sentiti Pompeo, e i capi della National Intelligence Dan Coats e della National Security Agency Mike Rogers. Gli investigatori avrebbero domandato ai dirigenti dei servizi se, a loro conoscenza, Trump abbia mai cercato di fare pressioni sull’ex direttore dell’Fbi Mike Comey quando coordinava le indagini del Russiagate, e se abbia tentato di fermare le investigazioni sulle ingerenze russe e le possibili collusioni con la sua campagna. Prima dei capi dei servizi è stato interrogato anche l’attorney general Jeff Sessions. Il procuratore speciale sembra essersi concentrato sull’ipotesi di ostruzione della giustizia e intenderebbe interrogare Trump in particolare sulla sua decisione di cacciare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn e lo stesso Comey, anche lui già sentito. L’ex capo dell’Fbi ha scritto in alcuni memo che Trump gli aveva chiesto di mostrargli fedeltà e di cessare le indagini su Flynn. Dopo averlo licenziato, il presidente nominò ad interim il suo vice, Andrew McCabe. Prima però, secondo il ’Wasington Post’, lo convocò nello Studio Ovale facendogli una domanda inopportuna. Gli chiese per chi aveva votato alle presidenziali. McCabe rispose di non aver votato. Trump lo rimproverò quindi per i fondi che ambienti vicini a Hillary Clinton donarono alla moglie nella sua corsa al Senato per i dem nel 2015. McCabe è finito così nel mirino del presidente, deciso a sbarazzarsi degli uomini fedeli a Comey. Di qui le pressioni attraverso Sessions sul nuovo capo del Bureau Christopher Wray, che finora si è rifiutato di cambiare ruolo a McCabe ma ha iniziato il repulisti, rimpiazzando con suoi fedelissimi il capo dell’ufficio legale James Baker, e il capo dello staff James Rybicki.