Un’avventura umana
A Milano l’esposizione ‘Nasa: A Human Adventure’ emoziona raccontando l’esplorazione spaziale
Dai dettagli tecnici dei razzi alle curiosità sui bisogni fisiologici degli astronauti, passando per la dimensione sociale e culturale della corsa allo spazio: 300 manufatti originali che raccontano l’impresa spaziale
Difficile, quando si pensa alla conquista dello spazio, resistere alla retorica della “nuova frontiera” kennediana, ancora di più oggi che la dimensione politica della sfida tra Stati Uniti e Unione Sovietica appartiene al passato e possiamo davvero considerare quella frontiera un confine non di una specifica nazione, ma dell’umanità intera che, anche se di poche migliaia di chilometri – un’inezia rispetto alla vastità del cosmo – si è allontanata dal nostro mondo. È questo che rende l’esplorazione spaziale l’impresa umana forse più affascinante, un’emozione che la mostra “Nasa: A Human Adventure” – a Milano fino al 4 marzo, info: – riesce a trasmettere andando al di là della semplice collezione di cimeli, reperti e modellini che, spesso, dicono qualcosa solo all’appassionato. L’esposizione riesce invece a raccontare a tutti la meraviglia della corsa allo spazio, culminata con le missioni Apollo che in quel luglio del 1969 portarono l’uomo sulla Luna. Un racconto ovviamente incentrato sulla Nasa, l’ente aerospaziale statunitense, ma appunto perché i tempi della Guerra fredda sono finiti e adesso lo spazio è meta di cooperazione internazionale – e di concorrenza tra programmi pubblici e imprese private – ci si sofferma sulle imprese sovietiche, dal primo satellite artificiale Sputnik che nel 1957 di fatto ha aperto l’era spaziale a Jurij Gagarin, primo essere umano a volare nello spazio.
Tute spaziali e pigiami per bambini
Accennavamo agli oggetti presenti: la mostra ospita, insieme a riproduzioni e reperti vari, trecento manufatti originali provenienti dai programmi spaziali della Nasa, dai motori di un razzo alla cabina di pilotaggio dell’Apollo fino alle toilette spaziali usate nella prima stazione spaziale. E non solo, perché uno dei meriti della mostra è proprio quello di raccontare non soltanto l’impresa spaziale vera e propria con tutte le difficoltà nel mandare un razzo nello spazio e nel mantenere in vita un uomo nel vuoto, ma anche la sua dimensione sociale e culturale dell’esplorazione spaziale. Numeri della rivista ‘Life’ che ha raccontato agli americani il programma Mercury con cui gli Stati Uniti cercavano di recuperare il ritardo con l’Unione Sovietica, ma anche giocattoli per bambini, portamerende e persino un pigiama che a suo modo completa le tute spaziale esposte.