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Meno fioretto e più sciabola alla guerra di Corea

- Di Christian Solari

Creatività dietro, solidità davanti. Suonerà pure come l’esatto contrario di ciò che gli allenatori di tutto il mondo ci hanno abituati a sentire, ma – in sostanza – è proprio ciò che dice Patrick Fischer. Quando, lunedì, presenta (o difende, tutto dipende da come la si vede) le sue scelte per i Giochi in Corea. Dopo aver dato il giusto peso all’esperienza, perfettame­nte riassunto dalla presenza di Genoni, Hiller e Stephan, che totalizzan­o cent’anni in tre, e la convocazio­ne di ben sette reduci dalla finale storica a Stoccolma 2013, ‘Fischi’ sembra dirsi che non per forza l’attacco debba essere sempre la miglior difesa. Memore di ciò che era capitato ai Mondiali dell’anno scorso a Parigi, dove una Svizzera offensivam­ente esplosiva aveva sì fatto spellare le mani un po’ a tutti, ma alla fine (come capita più o meno sempre, d’altronde) s’era presa in testa la barriera psicologic­a del quarto di finale. Ora però, ancor più che in altre occasioni, la Nazionale di Fischer ha un’autorevole­zza da difendere. Siccome tutti, almeno in Patria, la vedono già praticamen­te sul podio ai Giochi d’Oriente, dopo che la National hockey league – scandalosa­mente, ce lo si conceda – per mere questioni opportunis­tiche ha buttato tutto a mare. Tanto che, diranno i maligni, per la prima volta nella Storia l’hockey a cinque cerchi rischia di venir oscurato sul piano dello spettacolo (non però, evidenteme­nte, su quello della risonanza) dal primo Mondiale in territorio danese, che andrà in scena a maggio inoltrato sulle piste di Copenaghen ed Herning. Ma siccome le Olimpiadi restano pur sempre le Olimpiadi, e cioè l’evento sportivo in assoluto più seguito del pianeta, davanti a sé ‘Fischi’ si ritrova la migliore delle vetrine possibili in cui mostrare al mondo intero quanto sono bravi e belli gli svizzeri che giocano ad hockey. E soprattutt­o, quanto sono efficaci. Con una difesa che privilegia la tecnica ai chili e un attacco più rigoroso che creativo. Infatti in Corea le ali e i centri svizzeri non devono più essere solo creativi e veloci: no, devono pure avere l’aggressivi­tà e la solidità fisica che ti fanno vincere i contrasti (difatti, rispetto a quelli di Parigi, questi attaccanti pesano mediamente un chilo in più), ma devono anche pattinare un sacco nel senso inverso, siccome ‘Fischi’ vuole che siano decisivi anche sul piano difensivo. Meno fioretto e più sciabola, insomma. In un torneo in cui tutti, ma proprio tutti, vorranno dimostrare a chi l’ha snobbato, quindi alle menti pensanti della Nhl, che il pianeta hockey non finisce nel giardino di casa Gary Bettmann. Quindi sarà una battaglia. Anzi, una guerra. E chissà che non finisca pure col divertire.

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