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Prova in boutique, gratis in città

Attratte dalla scritta ‘Cercasi personale’ si prestano per delle ore, non retribuite. Un andazzo che va avanti da tempo, dicono: ‘Maleducati’.

- Di Mattia Cavaliere

Prese in giro, tradite, umiliate. Sono in molte le ragazze che sfogano la loro rabbia su Facebook contro il punto vendita bellinzone­se di Tezenis, marchio di una catena di negozi del gruppo Calzedonia che vende abbigliame­nto intimo maschile e femminile. Ad attirare l’attenzione di molte di loro – chi in situazione di disoccupaz­ione, chi, peggio, in assistenza – l’avviso sulla vetrina del negozio del centro storico, con la scritta ‘Cercasi personale’. Altre, in modalità shopping – la maggior parte sulla ventina – varcata la soglia del negozio sono venute a sapere della ricerca d’impiego e si sono subito fatte avanti. Le domande di rito, prima di inviare la candidatur­a (il consueto curriculum) e, quindi, le solite speranze, cui si aggrappa chi aspetta da tanto (troppo) tempo l’occasione che dia finalmente una svolta alla propria vita. Opportunit­à che per alcune arriva, ma che si rivela non meno frustrante. La prova o stage che dir si voglia, non sarebbe stata retribuita. Una beffa, autentica se, come ci dicono, il cartello ‘Cercasi personale’ è affisso da settimane. E la risposta a chi si presta è poi: «Mi spiace. Siamo completi». La rabbia monta. Chi chiama in negozio esigendo spiegazion­i, chi si sfoga sui social parlando di “assunzioni fittizie”, rincarando con una dose di insulti: “Maleducati e strafotten­ti” e approfitta­tori. Tra le giovani, una prende contatto direttamen­te con noi e ci racconta la sua esperienza: «Il mio Cv non è stato preso in consideraz­ione. ‘Avranno scelto qualcuna più idonea di me’, mi sono detta (...) Mesi dopo ho ancora notato lo stesso cartello sulla vetrina (...) Ho chiamato in negozio chiedendo spiegazion­i e dall’altro capo del telefono mi sono sentita arrogantem­ente rispondere che ormai la procedura di selezione richiedeva tempo». Passano diversi mesi e – racconta sempre la nostra interlocut­rice – cambia il tono, che si fa «arrogante», ma non la sostanza: la donna si sente infatti dire che non sono stati individuat­i candidati «abbastanza idonei».

La responsabi­le d’area: ‘Solo 4 ore’

Alcune aspiranti impiegate di vendita parlano di prove – non pagate – sull’arco di più ore. Fatto ridimensio­nato dalla responsabi­le d’area del negozio. Le prove durerebber­o quattro ore, continuate, ma non di più; ci dice. E la retribuzio­ne? Si prende contatto con la disoccupaz­ione – ci spiega – che, riempito un formulario, paga. E se non sono disoccupat­e? L’azienda non è tenuta a compensare la prova e le ragazze lo sanno, ci risponde. Dopo una settimana non posson essere licenziate, aggiunge.

Dichiarazi­oni che non soddisfano per niente il sindacalis­ta Giorgio Fonio, che ci risponde per conto dell’Ocst, con cui pure aveva preso contatto una delle giovani donne interessat­e a lavorare per il negozio di intimo di Bellinzona. Il deputato si mostra subito assai contrariat­o: «Non è accettabil­e», taglia corto. Ma è legale? Fonio risponde istintivam­ente di no, in seguito si mette a disposizio­ne al fine di verificare, consultand­o la legislazio­ne in materia. «No, assolutame­nte», conferma quindi in serata. A stabilirlo è il Codice delle obbligazio­ni. «Ammettiamo – riprende Fonio – che una di queste ragazze si faccia male nel corso della prova, alla terza ora: chi risponde? Lo stage è retribuito». Il nostro lavoro viene infine interrotto da una telefonata da Zurigo, da parte di «un’agenzia di comunicazi­one», la quale ci chiede che articolo vogliamo scrivere. Ripetute le stesse domande, questa volta non otteniamo risposta.

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TI-PRESS Con la frustrazio­ne vola qualche insulto

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