Un passo indietro
Accusato di molestie, l’attore Casey Affleck rinuncia a partecipare alla cerimonia degli Oscar
Intanto, Mark Wahlberg aveva dato in beneficenza gli 1,5 milioni guadagnati in più dell’attrice Michelle Williams e alcuni giornalisti della Bbc si sono ridotti lo stipendio per solidarietà con le colleghe pagate meno
Casey Affleck non consegnerà nessuna statuetta, il prossimo 4 marzo al Dolby Theatre di Los Angeles. In quanto vincitore, lo scorso anno, dell’Oscar per il miglior attore grazie alla sua parte in ‘Manchester by the Sea’, Affleck avrebbe dovuto consegnare il premio alla miglior attrice protagonista. Così tuttavia non sarà: l’attore ha preferito fare un passo indietro “per evitare che la sua presenza distogliesse l’attenzione dai premi”, ha spiegato. Il che è un modo gentile per riferirsi alle polemiche con cui quasi certamente sarebbe stato accolto sul palco: Casey Affleck è infatti accusato di molestie sessuali, per quanto abbia sempre negato le accuse. Meglio non farsi vedere, vista la nuova sensibilità nata dopo lo scandalo Weinstein e il fervore di movimenti come #meeto e associazioni come Time’s Up che a inizio mese aveva già cambiato volto alla cerimonia dei Golden Globe imponendo abiti scuri in segno di rispetto. Un passo indietro, quello di Casey Affleck, forse non del tutto volontario, al contrario di quanto fatto, un paio di settimane fa, da Mark Wahlberg. Dopo che Ridley Scott aveva deciso di far fuori – anche qui in seguito a uno scandalo sessuale – Kevin Spacey dal film ‘Tutto il denaro del mondo’ sostituendolo con Christopher Plummer, si era reso necessario rigirare numerose scene. Un lavoro supplementare per il quale Mark Wahlberg ha ottenuto un milione e mezzo di dollari; la coprotagonista del film, Michelle Williams, appena mille. Colpa, verosimilmente, degli agenti che hanno negoziato per i due attori, ma certo un segno delle disparità salariali che imperversano anche a Hollywood e che adesso si fatica a giustificare. Così Wahlberg ha deciso di donare quel milione e mezzo “di troppo” ad associazioni come la già citata Time’s Up. Situazione simile per alcuni dei più noti presentatori della Bbc: dopo le recenti polemiche sulla disparità di trat- tamento salariale fra uomini e donne nell’emittente pubblica britannica, in diversi hanno annunciato di volersi ridurre il proprio stipendio in segno di solidarietà. Restando nel Regno Unito, c’è anche l’ignominiosa conclusione del Presidents Club Charity Dinner, annuale galà di beneficenza rigorosamente per soli uomini al quale partecipavano businessman della City, funzionari e personaggi delle istituzioni, tra cui un viceministro. Ogni anno raccolgono oltre un milione di sterline – spendendone però circa 600mila per l’organizzazione – ma all’ultimo evento si sono infiltrare alcune giornaliste del Financial Times che hanno filmato molestie varie nei confronti delle hostess, quasi tutte studentesse, arruolate per la serata. Alcuni degli ospedali ai quali erano destinati i fondi raccolti hanno già detto che rinunceranno alle donazioni, mentre gli organizzatori hanno annunciato, oltre alle classiche “approfondite indagini sull’accaduto”, che non avranno luogo ulteriori galà di beneficenza.
La nuova egemonia culturale
Episodi diversi, su alcuni dei quali è lecito anche avere delle perplessità: quando un’accusa ha valore di condanna? Ha davvero senso restituire quanto ricevuto in beneficenza solo perché i donatori sono persone orribili? E invece di rinunciare a quanto guadagnato più delle colleghe, non sarebbe meglio pretendere migliori condizioni contrattuali per le donne? Rimane il fatto che questa nuova sensibilità femminista – se così vogliamo definirla – sta incidendo sempre più sulla società e, soprattutto, non sembra più limitarsi ai bei proclami e alla condanna di qualche caso isolato che, al di là delle effettive colpe, diventa quasi una sorta di capro espiatorio da sacrificare affinché tutto possa proseguire come prima. Tutti sono chiamati ad agire. Si sta raggiungendo, per rispolverare concetti un po’ démodé ma non per questo inutili, l’egemonia culturale. Nel bene e nel male.