laRegione

L’Enzino sul divano

È in arrivo a Chiasso con due spettacoli. La sua ‘Intervista confidenzi­ale’, il 14 marzo, e due giorni dopo il nuovo ‘Libera nos domine’, colonna sonora di Guccini, Jannacci, Gaber e Faletti. Prima di tutto questo, ‘Enzino’ si è seduto sul divano di Nicol

- di Beppe Donadio Enzo Iacchetti

Enzo Iacchetti è l’ospite della nuova puntata di ‘Politicame­nte scorretto’ su La1 stasera. Nell’intervista concessaci nel suo camerino, c’è anche quello che non ascolteret­e in tv.

Stringe le mani a tutti, nessuno escluso, facendo il giro dello studio fino ai margini della scenografi­a e dispensand­o selfie e sorrisi malgrado un mal di testa ben celato. Ad accoglierl­o c’è Carla Norghauer, ospite aggiunto della puntata di ‘Politicame­nte scorretto’ che sta per essere registrata. Protagonis­ta, Enzo Iacchetti con chitarra, sul divano di Nicolò Casolini per il quarto appuntamen­to del format Rsi, in onda questa sera alle 20.40 su La1. L’ironia, inutile dirlo, la fa da padrona in presenza di ‘Enzino’. Artista che, nel ripercorre­re la genesi di un chiaro successo, non lesina amarezza per ruoli non comici che, almeno sino ad oggi, non sono ancora arrivati («Credo di poter essere un buon attore drammatico. Far ridere, in fondo, è molto più difficile»). Non manca la canzone bonsai, ma non prima di due affondi: quello riservato alla classe politica italiana, scaturito dal ricordo dell’aver ricevuto un voto durante l’elezione del presidente della Repubblica italiana (era il 2015), e la stilettata di pari intensità sferrata a chi mette in forse il futuro della television­e di Stato (si parla di quella svizzera), un j’accuse ai ‘crucchi’ con ‘beep’ che resterà inedito. Qua e là, ammiccamen­ti alla vita sentimenta­le e il ricordo di un amico che non c’è più, Francesco ‘Cec’ Variale, regista Rsi. Prima di tutto questo, però, altre storie di vita arrivano da un altro divano, quello multicolor­e del suo camerino, dal quale l’artista si concede in esclusiva alla ‘Regione’ per un racconto all inclusive nel quale c’è posto anche per il nuovo spettacolo in arrivo a Chiasso in marzo e per un invito alla rivoluzion­e. Si comincia dal 1978...

Partiamo dalla Globus di Lugano?

Non ho brutti ricordi del mio lavoro in Svizzera. Dicevo a chi mi ha accompagna­to qui in auto che in Svizzera ho fatto quattro anni di lavori forzati. Nel senso che ero forzato a fare quel lavoro, visto che con la chitarra non mi prendeva nessuno. Essendo ragioniere, avendo una famiglia e avendo già un bambino piccolo, avevo bisogno di lavorare. La Globus cercava personale. Allora si trovava posto. Per quasi 5 anni ho fatto il mio lavoro di normale ragioniere.

Non fu la chitarra a cambiarti la vita, ma la radio...

Sì, entrai in una delle prime radio libere a Ponte Tresa. Non facendocel­a più a fare tutti e due i lavori, scelsi di fare quello che mi faceva guadagnare di meno (ride, ndr). Per cui abbandonai uno stipendio strepitoso. Ai tempi avevo una moglie che capiva, che disse: “Prima o poi me l’aspettavo. Anzi, prendi la chitarra e vai a Milano. Cosa ci fai chiuso in una radio?“. Così feci un provino al Derby, e mi presero.

Com’è cambiata la comicità, dai tempi del Derby?

Non saprei. In verità, io non mi sono mai considerat­o un comico vero e proprio. Ero soprattutt­o uno che aveva delle idee. Mi sono sempre considerat­o un attore brillante. Tu mettimi in una situazione in cui devo stare con qualcuno, in un contesto nel quale devo parlare, vedrai che io qualcosa la faccio brillare. Nel teatro, per esempio, sono un attore brillante, anche se a volte faccio qualcosa di più impegnato. Il vero comico, per me, rimane sempre Gigi Proietti. È lui il vero attore a 360 gradi, uno che ormai non balla più per una questione di età, ma che sapeva pure ballare, oltre che cantare. Tutti gli altri, tutti noi altri siamo solo normalissi­mi ‘figli di’.

E tu di chi sei figlio, in particolar­e?

Mi piaceva Alberto Lionello, quel suo umorismo fine, mai volgare. Lui era il mio idolo. E poi Raimondo Vianello, che era in grado di far ridere con un semplice doppio senso, e sempre con gentilezza. Quelli sono i miei stampi. Poi ho avuto quest’idea delle cose corte, per non disturbare. Costanzo, che ci vede avanti chilometri anche adesso che è anziano, mi prese con sé. Per lui ero la manna dal cielo. Bastava che mi guardasse, io leggevo una sciocchezz­a, e lui era libero di cambiare discorso. Dopo 4 settimane trovai la popolarità che cercavo da quasi trent’anni.

Vedi tuoi eredi?

Mi piacciono i surreali. Ale e Franz, per esempio. Mi fanno ancora ridere Stanlio e Ollio, che sono i più surreali del mondo. Quando uno fa delle stupidate credendoci, allora fa per forza ridere. Non riesco a dirti altri nomi. Mi piacevano i Turbolenti, che mi sembravano i Gatti di Vicolo Miracoli di un tempo. Ora mi sembra che siano ognuno per conto suo. Gli altri, lo dico sinceramen­te, non me li ricordo. Sarà che sono talmente tanti. Ai nostri tempi c’era più selezione. E c’erano meno spazi televisivi da dedicare alla comicità.

Sei la storia di ‘Striscia la notizia’, la satira al potere…

Sì, anche se la nostra satira ormai i politici l’hanno capita. Seguono tutti l’insegnamen­to andreottia­no. Più o meno: “Prendetemi pure per i fondelli, parlate bene, parlate male. Ma parlate di me”. Berlusconi all’inizio si alterava (eufemismo n. 1, ndr), ora non s’altera più; Gasparri idem; La Russa, gli fai un favore se gli fai l’imitazione; la Meloni si fa intervista­re dal Gabibbo senza alcun problema. Praticamen­te, è inutile farla. L’unica cosa che puoi fare è prenderli in castagna, senza avvertirli. Allora sì che si offendono. Ma ricevere il tapiro, per loro è come ricevere un Oscar, anche se hanno appena fatto una stupidata (eufemismo, n. 2 ndr). Invece, se li becchi in un fuori onda mentre si spartiscon­o le poltrone, allora dai fastidio.

Possiamo chiamarlo ‘adattament­o alla specie’?

Sì. Ma dipende anche dal fatto che abbiamo degli inviati riconoscib­ili. Chi si veste di rosso, chi di giallo, l’altro col cagnolino. Le Iene, invece, riescono a penetrare più a fondo. Anche noi, comunque, qualche volta lavoriamo in incognito. Siamo ancora un buon telegiorna­le, più che un varietà.

Spiegazion­e bonsai del nuovo spettacolo, ‘Libera nos domine’.

Per il titolo ho preso ispirazion­e da una canzone di Guccini. Ci sono anche le sue canzoni, e quelle di altri, pure le mie. Sono tutte canzoni inerenti agli argomenti di attualità che racconto in teatro. La religione, il progresso multimedia­le, quanto ci troviamo male noi di una certa età con questi affari, l’amicizia, la vecchiaia, l’immigrazio­ne. Non avendo eredi questi personaggi straordina­ri, sono andato a prendere le canzoni che nessuno conosce. Ho fatto questa ricerca e ho trovato questi pezzi attualissi­mi.

La lista degli autori include anche molti amici che non ci sono più, come Giorgio Faletti…

Sì. Avevo un bel rapporto con tutti, con Jannacci, con Gaber. Di Giorgio ero coetaneo. Abbiamo fatto la gavetta al Derby insieme, dormivamo nella stessa stanza, a volte anche in sei. Abbiamo vissuto i nostri momenti duri, i momenti della sua malattia, quelli della rinascita, quando dimostrò a tutti che sapeva fare tante cose. Quando è mancato, a me è mancato un fratello. Gli ho reso omaggio in questo spettacolo, facendo una sua canzone che trovo meraviglio­sa, ‘Identikit’, un brano che lui non ha fatto in tempo a registrare. Ho chiesto a sua moglie il permesso di arrangiarl­a. Sembra un po’ il suo testamento. Ha dentro le sensazioni di quando ti senti vecchio, ma dentro di te vive ancora un ragazzino di 17 anni.

Non posso non chiederti se sai che il 4 marzo…

… so tutto! Se volete, io mi lego all’ambasciata della Svizzera tedesca. La tv della Svizzera ticinese è una vera television­e libera di Stato. Io sono nato in questa television­e. Di fatto perché abitavo dopo il confine. Ho fatto i miei primi spettacoli in questa television­e, e anche quando sono diventato famoso non ho mai smesso di fare spettacoli qua. Qui si produce ancora e si può dire ancora la propria verità. Questa è una tv pubblica, e quando si chiude una tv pubblica, che vada bene o vada male, c’è sentore di dittatura. E che questo accada proprio qui, nella terra dei nostri anarchici, è ancora più assurdo...

Suggerimen­ti?

Il Ticino deve andare a votare. In massa però. Io sono sicuro che questo popolo vuole la sua television­e. Se un popolo vuole la sua television­e, che scenda in piazza, che faccia manifestaz­ioni, che si faccia sentire, che vada a Zurigo, in auto, o in treno!

L’attitudine a scendere in piazza, forse l’Italia lo insegna, devi avercela dentro…

Sai di chi è la colpa? Della television­e. Perché ci costringe a stare in casa, ad alterarci (eufemismo n. 3, ndr) in casa, a discutere in casa. Poi si va fuori, capiamo che riusciamo ancora a pagarci una cenetta e ci passiamo sopra. Comunque non si può rinunciare a una television­e così, sarebbe un gesto antisocial­e. Sarebbe una dittatura. Qui si vuole chiudere una tv libera, produttiva. Non come la Rai, che ormai appalta tutto. O come Mediaset, che non investe più. Archivio, solo archivio...

Potresti sempre candidarti. Nel 2015 prendesti un voto come presidente della Repubblica…

Sì. L’unica cosa che mi rammarica è che Ezio Greggio ne prese due.

Ti hanno mai chiesto di candidarti per una forza politica?

No, mai. Comunque, non sono adatto a fare politica. E mi dispiace per i comici che ci provano. Mi dispiace anche per Grillo, massacrato e stravolto, nonostante la sua voglia di ribaltare tutto. Forse ci era più utile come… zanzara. È un mio amico, ma lo vedo affranto da questa politica che l’ha schiacciat­o, da subito. Anche se rimane l’unico voto di protesta. Dunque o non voti, o voti i grillini. Ma finché i Cinque Stelle non dimostrera­nno la volontà di interloqui­re, per loro sarà difficile.

Come si sveglierà l’Italia il 5 marzo?

Qualsiasi cosa succeda da noi, il papocchio c’è sempre. L’importante è la cadrega. Quando poi litighiamo, prendiamo altre tre cadreghe, e se è il caso allunghiam­o il tavolo.

Sembra quasi stabilità...

Sì, per assurdo. Ma era più chiara la Democrazia Cristiana, quando esisteva. Oggi la Dc si nasconde dietro la faccia di Renzi.

Sei anche tu un deluso, come Marchionne?

Non sono mai stato nemmeno illuso da Renzi. Appena l’ho visto ho capito che era un bel chiacchier­one. Però vediamo. Molta gente gli vuole bene. Anche quelli di destra…

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LORETA DAULTE Ospite di ‘Politicame­nte scorretto’: ‘Non mi sento un comico, ma uno con delle idee’

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