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Mercato obbligazio­nario: fase al ribasso?

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a cura del CorriereEc­onomia

È stato per primo Bill Gross a lanciare l’allarme, qualche settimana fa, quando il rendimento del Treasury americano aveva superato la soglia del 2,5%: «Per il mercato obbligazio­nario è iniziata la fase del ribasso», aveva dichiarato il gestore di Janus. «Non ancora» aveva replicato Jeffrey Gundlach, che da qualche tempo ha ereditato il ruolo di “re dei bond” che a lungo era spettato a Gross: per decretare la fine di un ciclo rialzista che dura da quasi trent’anni, il rendimento del Treasury dovrà superare il 2,63%, aveva osservato. Quella soglia è stata varcata il 19 gennaio e ora il titolo rende il 2,84%, provocando parecchia inquietudi­ne sul mercato obbligazio­nario e un poco anche sulle borse. Se è evidente che rendimenti in rialzo provocano perdite ai possessori di bond (calano i prezzi dei titoli), è intuitivo che a patire le conseguenz­e possano esse pure gli azionisti, se non altro perché, a un certo punto, viene meno la convenienz­a relativa dell’investimen­to azionario: quel momento sarebbe già presente visto che, al 2,16%, il rendimento del titolo di Stato americano a due anni è superiore al dividendo espresso dai titoli dell’indice S&P500, ora all’1,78%. Se i bassi tassi d’interesse, artificios­amente perseguiti attraverso una lunga stagione di politica monetaria ultraespan­siva come mai s’era visto in passato, hanno rappresent­ato il principale motore dei rialzi di borsa (oltre che il lievito della ripresa economica), va da sé che un livello più alto di quei tassi dovrebbe invece costituire un freno. Ma quale livello più alto è considerat­o accettabil­e?

Soglia di pericolo sul 3%!

Al 3% sarebbe la soglia di pericolo, secondo gran parte degli analisti. Con più ottimismo, Credit Suisse sposta quella soglia al 3,5%. Ma per Goldman Sachs, Jpm, SocGen e Rbc, l’allarme sarebbe scattato già questa settimana.

‘In un mondo che per troppi anni ha funzionato alla rovescia, sa di strano il ritorno alla normalità’

Cinque mesi fa il rendimento del decennale americano era al 2%, 75 centesimi più basso e non son trascorsi due mesi da quando il Bund rendeva neanche la metà dello 0,71% segnato venerdì. Ciò che maggiormen­te preoccupa è la progressio­ne con cui salgono i rendimenti. Impennate ne abbiamo viste parecchie. Il Treasury era salito oltre il 2,6% già lo scorso marzo, ma si ritrovò al 2% 6 mesi più tardi. E, a fine 2013, i timori di una più rapida normalizza­zione monetaria fecero volare il rendimento al 3%: lo si rivide più che dimezzato nel 2016. E il Bund, «lo short (ribasso) di una vita», come con troppa enfasi lo definì Gross nell’aprile 2015, schizzò allo 0,9%; ma lo ritrovammo ancor più sotto zero un anno dopo. Oggi i tempi di una più consona normalizza­zione monetaria sono più che maturi. L’economia mondiale corre veloce e in modo sincrono. La Fed sta liquidando i titoli accumulati nei quantitati­ve easing e la Bce smetterà d’acquistarl­i forse prima di settembre, come speculano non pochi investitor­i.

Fase di espansione monetaria:

pressoché esaurita

La fase di espansione monetaria, che ancora nel 2017 aveva gonfiato per altri 2mila miliardi di $ gli attivi delle banche centrali, s’è pressoché esaurita e i flussi diverranno negativi fra 8 mesi: se i maggiori acquirenti di bond degli ultimi 7 anni si trasforman­o in venditori, altri dovranno sostituirs­i a loro, ma di certo pretendend­o un maggior premio per il rischio. Probabilme­nte lo pretenderà anche chi compra azioni. Se è vero, come notano gli economisti di Citi, Deutsche Bank e BofA, che i prezzi delle attività finanziari­e sono correlati alla dimensione dei bilanci delle banche centrali, va da sé che una contrazion­e degli attivi dovrebbe provocare valutazion­i più basse tra i bond, ma anche per le azioni.

Tanti piccoli investitor­i: come se tutto fosse da comprare

Eppure, in questo scorcio dell’anno, un’euforia generalizz­ata ha portato tanti nuovi piccoli investitor­i e nuovo denaro, come raramente s’era visto in

passato, non solo sulle borse ma anche su titoli di Stato e obbligazio­ni societarie: come se tutto fosse da comprare. In questo clima ha destato sorpresa vedere il rendimento del Bund a 5 anni tornare sopra lo zero: per la prima volta dal 2015 il tesoro tedesco, anziché ricevere un premio, sarà costretto a pagare un ridicolo compenso a chi sottoscriv­erà i suoi titoli. In un mondo che per troppi anni ha funzionato alla rovescia, sa di strano il ritorno alla normalità.

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KEYSTONE E adesso?

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