Di razza e razzismo
Segue da pagina 5 E va anche precisato che, a causa dell’assenza di riferimento alla superiorità di una razza sull’altra, la xenofobia si distingue formalmente dal razzismo, pur se nella pratica i due concetti restano molto vicini. Infatti, i razzisti sono sempre xenofobi e gli xenofobi sono quasi sempre razzisti. Come definire allora il razzismo dopo la messa in evidenza del suo quadro semantico? Le definizioni abbondano. Lo stesso termine, di recente fabbricazione (inizio del XX secolo), comprende un concetto apparso in Europa già nel XIX secolo, con il favore dello sviluppo delle scienze del vivente e dell’antropologia. L’edizione del 1928 del dizionario francese Larousse in sei volumi definisce il razzismo come “una teoria avente lo scopo di proteggere la purezza della razza in una nazione e che le attribuisce una superiorità sulle altre razze”. Mentre la definizione proposta nell’edizione 2003 dello stesso dizionario è un po’ differente, ossia “Ideologia basata sulla credenza dell’esistenza di una gerarchia tra i gruppi umani, le ‘razze’; comportamenti ispirati da questa ideologia”. Per il dizionario Robert (edizione 2002), il razzismo è una “teoria della gerarchia delle razze che promulga la necessità di preservare la razza detta superiore da ogni mescolamento, e del suo diritto di dominare le altre”. Queste definizioni non devono nascondere la natura multiforme del razzismo. A proposito, Gordon Albert distingue cinque tipi di comportamenti corrispondenti a cinque gradi di discriminazione razziale: il rigetto verbale (ingiurie, battute); lo scansamento; la discriminazione (di cui l’apartheid costituisce la forma estrema); l’aggressione fisica motivata dall’appartenenza delle vittime ad una etnia differente; e l’eliminazione (linciaggio, pogrom, massacri, genocidi). Secondo Taguieff, il discorso razzista si manifesta su tre livelli, “dal più naturale al più culturale… Dal più normale al più patologico”. Vediamoli. Il razzismo “primario”, inteso come reazione “elementare” universalmente diffusa, sospettosità o timore verso lo sconosciuto o lo straniero; il razzismo “secondario”, è una forma più razionale della precedente, che giustifica delle condotte di esclusione o di dominazione invocando ragioni economiche, politiche o culturali; e quindi il razzismo “terziario” che per motivarsi si pretende fondato sulla scienza, in particolare sulla biologia. È il cosiddetto razzismo scientifico. Quanto alla diffusione di questo sentimento e di questa pratica, ricorderemo che era stata proprio la constatazione della sincerità delle convinzioni razziali di così tante persone che aveva indotto Martin Luther King Jr. (ucciso cinquant’anni fa da un bianco) a dichiarare che “nulla al mondo è più pericoloso dell’ignoranza sincera e della stupidità coscienziosa”. Mentre lo scrittore pakistano naturalizzato britannico Nadeem Aslam ha osservato che “il contrario dell’odio non è l’amore, ma il pensiero, l’esercizio della riflessione e della ragione”. E non possiamo naturalmente prescindere dalla riflessione di James Baldwin, citata in ‘I am not your negro’: “La storia non è il passato. La storia è il presente. Portiamo la nostra storia in noi. Siamo la nostra storia. Se pretendiamo il contrario, siamo letteralmente dei criminali. Posso certificare che il mondo non è bianco. Il mondo non è mai stato bianco. Il bianco è una metafora del potere, giusto un modo per descrivere la Chase Manhattan Bank”. Dovremmo dunque riconoscere al presidente degli Stati Uniti Donald Trump – noto per la sua eccentricità comportamentale, la sua megalomania sgradevole e la sua retorica triviale – di avere detto ad alta voce quello che molti in questo mondo sussurrano.