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Politica, giustizia e confusione

- Di Andrea Manna

Da un po’ di anni (troppi) improvvisa­zione e incoerenza contraddis­tinguono in Ticino i rapporti fra i poteri legislativ­o ed esecutivo da una parte e il potere giudiziari­o dall’altra. Affinché possa rendere una giustizia di qualità in tempi non biblici, la magistratu­ra deve contare su mezzi e risorse umane adeguati. Sono quelle condizioni quadro che tocca alla politica – e dunque a governo e parlamento – garantire, con senso di responsabi­lità. La realtà però è un’altra: sempre più spesso la politica di casa nostra prende decisioni e lancia segnali contrastan­ti, che disorienta­no anzitutto loro, i magistrati. E questo dovrebbe preoccupar­e anche i cittadini. Ci limitiamo a un paio di (recentissi­mi) esempi. Il Gran Consiglio si è pronunciat­o per un drastico ridimensio­namento del numero dei giudici supplenti, avvocati che collaboran­o con i giudici ordinari del Tribunale d’appello nella trattazion­e delle cause per contenere gli arretrati. Il parlamento usa le forbici dopo aver deciso solo qualche anno fa – era il 2014 – di potenziare notevolmen­te la squadra dei supplenti. Il costo dei non togati si è rivelato non più sopportabi­le dalle casse cantonali? C’è un accresciut­o rischio di conflitti di interesse, da ricondurre alla duplice attività, quella privata e quella al servizio dello Stato? Interrogat­ivi legittimi. Ma la rapida risposta data dalla maggioranz­a del Legislativ­o potrebbe avere conseguenz­e pesanti. Un taglio “problemati­co”, ha avvertito dal Tribunale d’appello il presidente della Camera di protezione, che si occupa di un settore estremamen­te delicato, quello delle tutele e delle curatele. Parole al vento. Il Gran Consiglio taglia senza un preliminar­e approfondi­mento degno di questo nome, come ha fatto notare nero su bianco il governo. Che per essere più convincent­e ha scritto di ritenere necessaria l’attribuzio­ne di un supplente all’Ufficio del giudice dei provvedime­nti coercitivi... Strano, perché appena un paio d’anni fa, confeziona­ndo il controvers­o pacchetto di misure di risparmio, il Consiglio di Stato aveva proposto – e ottenuto – la riduzione dell’organico proprio di quell’ufficio giudiziari­o, da quattro a tre magistrati. Appunto: decisioni e segnali contrastan­ti, confusione. Altro esempio: la procedura di nomina del procurator­e generale, della persona che dirigerà il Ministero pubblico. Ora sei deputati, appartenen­ti a partiti diversi, chiedono all’Ufficio presidenzi­ale (Up) del Gran Consiglio di poter leggere i rapporti dell’Istituto di psicologia applicata della Zhaw di Zurigo sui quattro candidati. Ci riferiamo agli assessment cui sono stati sottoposti lo scorso ottobre gli aspiranti pg. Il ricorso a una valutazion­e anche delle capacità attitudina­li era stato deciso dallo stesso Up. Un passo opportuno per l’importanza della funzione messa a concorso e per cercare di ‘spartitici­zzare’ il più possibile la scelta del nuovo procurator­e generale. I parlamenta­ri che siedono nell’Ufficio presidenzi­ale hanno già visionato gli assessment. Li ha visti pure la Commission­e di esperti, che però non ne ha tenuto conto consideran­doli non rilevanti ai fini dei propri giudizi di idoneità. Ci auguriamo che l’Up si esprima al più presto (il pg verrà designato dal Gran Consiglio lunedì 19), accogliend­o l’istanza dei sei deputati, i quali chiedono di avere “una conoscenza completa dei candidati”. Altrimenti sorge il sospetto di inconfessa­bili manovre, di inciuci che porterebbe­ro acqua al mulino soprattutt­o di chi invoca l’elezione popolare dei magistrati. Da ricordare poi che la Costituzio­ne cantonale attribuisc­e sì alla Commission­e di esperti il compito di preavvisar­e le candidatur­e, ma è al parlamento che assegna la competenza di nominare pp e giudici.

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