Governo, la Germania trova l’accordo
Grande coalizione fra i conservatori di Merkel e i socialdemocratici di Schulz
Berlino – Il rischio di un altro fallimento, a un certo punto, ha fatto tremare il tavolo. Ma poi l’accordo sulla Grosse Koalition, dopo settimane di estenuanti trattative, è arrivato. Il prezzo pagato da Angela Merkel è stato altissimo: ben sei ministeri ai socialdemocratici, di cui tre cruciali, tra cui le Finanze, che andrebbero al sindaco di Amburgo Olaf Scholz. Mentre l’Spd, crollato alle urne ha ribaltato la sua posizione, portando a casa un risultato eccezionale. Anche la cancelliera ha esibito il suo trofeo: “La strada è stata lunga, ma ne è valsa la pena. Ci sono i presupposti per un governo stabile”. In effetti, dopo il flop del tentativo ‘giamaicano’ con Verdi e liberali a novembre, non era affatto scontato. Ma è stato Martin Schulz a poter rivendicare, proprio al suo fianco, che “nel contratto di coalizione si riconosce la mano dei socialdemocratici. E nelle politiche europee ci sarà un cambio di direzione da parte della Germania”. Spetterà alla base dei socialdemocratici, adesso, la decisione finale: i circa 464’000 tesserati voteranno dal 20 febbraio al 2 marzo. Le fatiche di Schulz non sono quindi finite. Il programma che promette finanze solide, investimenti, solidarietà europea, un’offensiva sull’istruzione, slancio digitale e più sicurezza dovrà fermare la capacità persuasiva di un giovanotto ribelle che si chiama Kevin Kühnert, il capo dei giovani dell’Spd, colui che ha mobilitato migliaia di persone, che si sono iscritte al partito seguendo il suo esplicito invito a farlo per votare contro. Ad oggi, quindi, restano tutti sotto tiro. I compromessi sembrano pesare tutti in campo Cdu. Stando alle indiscrezioni, l’Spd prende i ministeri di Finanze (Scholz), Esteri (Schulz), Lavoro, Giustizia, Ambiente e Famiglia. La Cdu si accontenta di Economia, Difesa, Istruzione, Salute e Agricoltura. Ai falchi della Csu bavarese vanno il ministero dell’Interno (Horst Seehofer), i Trasporti e lo Sviluppo. Schulz esce dal negoziato molto debole sul piano personale: si è impuntato sul ministero degli Esteri. Ma ha anche dovuto cedere il titolo di vicecancelliere, che spetterebbe a Scholz. Il suo ingresso nel governo ha sollevato una polemica nei media tedeschi: gli si rinfaccia un po’ ovunque di aver escluso, da candidato cancelliere, che sarebbe mai entrato in un gabinetto di Angela Merkel. Una contraddizione che i tedeschi non perdonano. Schulz, che lo sa bene, ha provato a riparare rendendo noto nel pomeriggio di voler cedere la presidenza del partito ad Andrea Nahles, la pasionaria che ha trainato il congresso di Bonn. “È donna, è più giovane, può rispondere meglio all’esigenza di rinnovamento del partito”. Cosa sa fare meglio di lui, le hanno chiesto i giornalisti? “Lavorare a maglia”, ha risposto Nahles.