‘Jamestaylorable’, quando l’eternità ha un suono
Nel 1968, molto prima della mela di Steve Jobs, James Taylor prese la sua chitarra e mise piede nella Grande Mela londinese, la Apple Records dei Beatles. Che in cambio di un omonimo album d’esordio presero ‘in prestito’ la sua ‘Something in the way she moves’ per produrre ‘Something’. Un tratto di vita trascorso a combattere dipendenze, le composizioni dell’americano sono una sorta di cura. Impossibile deprimersi nemmeno su cose tristi come ‘Another grey morning’. Le movenze musicali di Taylor non hanno migliore definizione che ‘jamestaylorable’, neologismo degli Elii. A proposito. L’umiltà dell’artista, unita all’autoironia e alla certezza di non cadere in una padella, ma nemmeno in un braciere, lo ha portato a duettare con Elio e le Storie Tese nell’album ‘Eat the phikis’, (1996). L’artista interpreta, su pianoforte di Rocco Tanica, il brano ‘First me, second me’, elaborazione tayloriana del precedente ‘The peak of the mountain’. Cioè: prendete un testo in italiano, traducetelo in inglese parola per parola, ed ecco un giochino scolastico nel quale il Nostro canta cose come “Not see the my love for yourself? For force not is visible”. Ovvero: “Non vedi il mio amore per te? Per forza, non è visibile”. Da ‘Vite bruciacchiate’, biografia degli Elii edita da Bompiani, Rocco Tanica al volante dell’auto che portò Taylor dal suo albergo agli studi: ‘Se faccio un incidente e James Taylor, che so, si spacca un dente sul cruscotto, ho rotto James Taylor al mondo”. Elio (‘Ilio’, come lo chiama Taylor durante lo show), dopo il live con l’americano, che nel ’96 li volle come backing band per il format televisivo di Italia Uno ‘Night Express’: “Era come quando si cantano i pezzi di James Taylor con gli amici, però con James Taylor”. A 67 anni, dopo un silenzio discografico lungo 13 anni, Taylor era tornato con ‘Before this world’ (dentro, Sting). Malgrado una sopraggiunta poca confidenza con l’idea di album, il cantautore fu numero uno della Bilboard. ‘Before this world’ (2015), quanto a impatto sonoro, non è troppo diverso da ‘Sweet Baby James’ (1970). A testimonianza che anche l’eternità ha un suono.