Giochi che contano
Si comincia con il botto. Domenica, a inaugurare le Olimpiadi dello sci alpino, sarà la discesa maschile, che vede in Beat Feuz uno dei favoriti all’oro. Poi, quasi senza sosta, si gareggerà fino a sabato 24, quando è in programma il Team Event. Con quali
Gli ingredienti per assistere a un’avvincente edizione dei Giochi ci sono tutti per Mauro Pini, allenatore di sci e già responsabile della Nazionale femminile svizzera. E pure vincente, perché quest’anno ancor più che nel recente passato, la Svizzera si presenta con un gruppo ambizioso. «Questo, di solito è il momento in cui gli atleti sono al top della loro forma, ideale sia per il fisico, sia per il mentale – rincara Mauro Pini –. A livello sportivo penso che febbraio sia il periodo ideale per un appuntamento di questa portata. E lo è anche per le condizioni meteorologiche e di luce solare. Ciò che andrebbe studiato è una miglior interazione Olimpiadi e Coppa del mondo: la domanda, classica, che torna regolarmente dopo i Giochi è quanto senso abbia ancora andare avanti con altre gare di Cdm...». Cosa si devono attendere gli sciatori che sbarcano a Pyeongchang? «Da quanto mi è stato detto, la neve (artificiale) dovrebbe avere le medesime caratteristiche di quella presente sulle nostre montagne. Le temperature piuttosto rigide dovrebbero garantire condizioni uguali per tutti i concorrenti. Resta logicamente l’incognita meteorologica, ancora più influente quest’edizione visto che il calendario delle gare di velocità è stato diluito su tutta la durata dei Giochi anziché limitarsi alla prima o alla seconda parte dell’evento. Questo perché uomini e donne gareggeranno sul medesimo pendio, ma ovviamente con un tracciato distinto».
L’esperienza prima di tutto
Quanto peso ha la componente emotiva ai Giochi? «Più che l’emotività, a contare è l’esperienza. Chi si presenta per la prima volta alle Olimpiadi, paga lo scotto del debutto facendo i conti con emozioni sin lì mai provate, e non ci sono quei punti di riferimento che abitualmente si hanno in Coppa del mondo: ci si deve adattare... Aver già alle spalle un’esperienza a questo livello è un grosso vantaggio. Non a caso si dice che la prima Olimpiade è per imparare, la seconda per trovarsi e la terza per cercare la medaglia. C’è anche chi riesce a salire sul podio alla sua prima apparizione, ma sono casi isolati: l’esperienza fa molto. Specie per gli atleti che concorrono in più discipline, considerato che i tempi tra una gara e l’altra sono dilatati. Pensiamo a una Gisin, che compete tanto nelle discipline tecniche quanto in quelle veloci (e sarà in lizza pure nel Team Event), e si ritrova così impegnata per quasi tre settimane. Una cosa così l’avevo vissuta con Silvan Zurbriggen a Vancouver: è stata dura per lui restare sul posto concentrato e preparato così a lungo. La gestione del tempo è determinante: chi ha già vissuto un’Olimpiade lo sa bene».
‘Non saremo semplici outsider’
Come sta andando la stagione sul fronte svizzero? «Siamo a un passo dal poterci definire la Nazione più competitiva. I segnali sono molteplici, con un settore femminile che gira a meraviglia, o quasi, e una squadra maschile trascinata da un Feuz in stato di grazia che riesce a far dimenticare qualche lacuna qua e là. È una squadra maschile in crescita, con i giovani che finalmente hanno rotto il ghiaccio. A Pyeongchang non andiamo più come outsider, ma per giocarci le medaglie un po’ dappertutto». E il resto del mondo? Quali le conferme e le rivelazioni per Mauro Pini? «A sorprendermi è soprattutto ciò che riesce a fare Hirscher. Delle sue qualità non ho mai dubitato, ma ciò che mi lascia sbalordito è lo straordinario livello che riesce a mantenere da una gara all’altra. La continuità dell’austriaco è incredibile, cosa che rende ancora più avvincente il duello con l’altro grande protagonista della stagione al maschile, il norvegese Kristoffersen. Un duello fra loro due lo paragonerei a un Federer-Djokovic dei tempi migliori: stanno alzando in modo esponenziale il livello medio delle prove tecniche». Meno entusiastici i toni di Pini quando parla del settore femminile: «È vero che c’è qualche giovane che si affaccia alla ribalta facendo parlare di sé, ma i tempi non sono ancora maturi per vedere una vera antagonista a Mikaela Shiffrin, per intenderci. Nello slalom Wendy Holdener potrebbe cercare quel colpaccio che la consacrerebbe definitivamente tra le migliori, ma non è che questa stagione abbia mostrato grandi progressi, soprattutto fra i paletti stretti. Sin qui è stata brava, ma non è andata granché oltre i suoi abituali livelli: deve sbloccarsi e sciare con la medesima scioltezza con cui lo fa in gigante. Mikaela Shiffrin ha mancato la prova generale di Lenzerheide, ma è stato unicamente perché quella giornata per lei qualcosa non ha funzionato nel verso giusto. Il divario fra la statunitense e le altre è abissale. Le uniche due che emergono dal gruppone sono Vlhova e, appunto, Holdener, da cui però mi aspettavo quel passo in più che per ora non ha ancora fatto». Parliamo di Lara Gut... «Nel superG, Lara è la numero 1. Questa disciplina sembra essere fatta apposta per lei; non a caso il suo primo acuto in Cdm l’ha trovato proprio in superG, a St. Moritz. Ha saltato il test preolimpico della passata primavera su questo pendio, ma ha comunque un bagaglio di esperienza che le può permettere di sopperire senza grossi problemi a questo handicap. In gigante, disciplina più tecnica, si sta un po’ allontanando dalle migliori, ma in superG è l’atleta da battere. In discesa non è la favorita numero 1, ma sicuramente una con le carte in regola per puntare al podio».