Non si vive di solo salario
Nel contempo invita le imprese a privilegiare il partenariato sociale, unica via per regolare i conflitti tra capitale e lavoro
Tra i tanti problemi che toccano il mercato del lavoro ticinese, due sono gli aspetti su cui si concentrerà l’attività sindacale dell’Organizzazione cristiano-sociale ticinese (Ocst): l’innovazione tecnologica e il salario legale minimo. «Temi su cui il nostro sindacato desidera proporre la sua riflessione in modo costruttivo, allontanandosi dalle polemiche e dagli allarmismi», spiega Renato Ricciardi, segretario cantonale dell’Ocst. Per quanto riguarda la discussione politica sul salario minimo (ricordiamo che il Consiglio di Stato ha licenziato lo scorso novembre il messaggio sulla legge sul salario minimo proponendo una remunerazione oraria, differenziata per settore economico, tra i 18,75 e i 19,25 franchi lordi, ndr). L’Ocst indica invece come valore di riferimento un minimo di 20,35 franchi l’ora. «È l’importo corrispondente alle prestazioni complementari dell’Avs/Ai», continua Ricciardi ricordando che la «regolazione del mercato del lavoro ha bisogno di buone leggi, ma si realizza soprattutto nella contrattazione tra le parti sociali». L’invito al mondo economico è quindi chiaro: se non si vogliono subire ‘leggi sgradite’, sedetevi a un tavolo negoziale che «è il modo migliore per attivare un confronto paritario tra lavoratori e datori di lavoro, necessario alla salute e allo sviluppo dell’impresa», continua il segretario cantonale dell’Ocst. La contrattazione collettiva, infatti, può innanzitutto regolare il salario definito economico, superiore a quello sociale. «Se è giusto stabilire un minimo al di sotto del quale non è lecito andare, anche per non riversare sulla collettività i costi derivanti dalla speculazione di taluni imprenditori e manager, non si può ridurre il salario a mero strumento di sopravvivenza. Il salario riflette le competenze e l’esperienza di chi lavora, lo sforzo fisico e mentale, le responsabilità. Sono tutti fattori che concorrono a definire il valore che un lavoratore apporta a un’impresa», continua ancora Ricciardi.
Potenziare la formazione continua
E qui tocchiamo il secondo punto del programma dell’Ocst – l’innovazione tecnologica – che solo apparentemente non c’entra con la questione salariale. «Dalle previsioni sul processo di digitalizzazione dell’economia si stima un aumento delle professioni altamente qualificate. La concorrenza tra i lavoratori è però tale che anche i professionisti molto formati sono soggetti allo sfruttamento salariale», spiega ancora Ricciardi, il quale non nasconde che ci saranno nuove opportunità. «Per questa ragione il settore pubblico e quello privato devono potenziare la formazione che dovrà accompagnare il lavoratore lungo tutto il
percorso professionale soprattutto nei momenti di svolta tecnologica». Per quanto riguarda l’immediato futuro, il sindacato sarà occupato in due rinnovi contrattuali importanti: quello per l’industria metalmeccanica e il contratto nazionale mantello dell’edilizia. Il settore della vendita – Seco permettendo –
vedrà per la prima volta un contratto di obbligatorietà generale che «migliorerà notevolmente la situazione di molti commessi e commesse», spiega da parte sua Paolo Locatelli, responsabile del commercio per l’Ocst. «Attualmente per i negozi con meno di 10 dipendenti vige un contratto normale di lavoro. Il nuovo è un passo avanti notevole», ricorda Locatelli. Giovanni Scolari, industria e artigianato, ha invece difeso la Legge sulle imprese artigianali (Lia) e ha invitato il Consiglio di Stato a rispettare la volontà del parlamento. «Tocca a quest’ultimo riformare la Lia, senza distruggerla perché serve a un intero settore», ha concluso.